Il datore di lavoro deve vigilare per evitare comportamenti persecutori

Con l’ordinanza n. 3822 del 12 febbraio 2024, la Sezione Lavoro della Cassazione decide su un interessante caso di mobbing. Una dipendente di un ministero n servizio a Monza ha presentato domanda al Tribunale di questa città volta ad ottenere il risarcimento dei danni da lei subiti a causa di comportamenti vessatori posti in essere nei suoi confronti dal personale del ministero, alle cui dipendenze aveva prestato lavoro quale assistente amministrativa. Il Tribunale ha ravvisato gli estremi del mobbing ed ha riconosciuto alla ricorrente il diritto al risarcimento dei danni alla salute liquidati in 16.000 euro. La Corte d’Appello di Milano ha riformato la sentenza del Tribunale negando che vi fossero elementi in base ai quali ritenere la sussistenza di singole condotte vessatorie e quindi di essere in presenza di un’ipotesi di mobbing. La lavoratrice ha presentato ricorso per Cassazione basandolo su vari motivi. In sostanza lamenta soprattutto una incomprensibile atomizzazione degli eventi che ripercorre, unitamente alle fonti di prova, invocandone una valutazione nel loro significato complessivo. La Cassazione, ribaltando il giudizio della Corte d’Appello di Milano, ritiene fondato il ricorso asserendo che nella sentenza impugnata effettivamente si riscontra una valutazione meramente atomistica dei singoli comportamenti indicati dalla ricorrente come rivelatori del mobbing. Manca del tutto una valutazione complessiva del quadro risultante dall’insieme di quei comportamenti e un approfondimento del carattere persecutorio che unifica i singoli atti. Secondo la Cassazione in caso di presunta insussistenza del mobbing il giudice di merito deve comunque accertare se, sulla base dei fatti allegati a sostegno della domanda, sussista un’ipotesi di responsabilità del datore di lavoro per non avere adottato (ai sensi dell’articolo 2087 Codice civile) tutte le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, erano necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale del lavoratore.