di Francesco Paolo Capone, Segretario Generale UGL
Un articolo pubblicato su Italia Oggi commenta una nuova sentenza della Corte di Cassazione penale, la n. 32770, che equipara il mobbing allo stalking lavorativo. La sentenza afferma che un datore di lavoro o un superiore può essere accusato di atti persecutori se, attraverso comportamenti ostili, mortifica e marginalizza un dipendente o sottoposto, al punto da causare un grave stato di ansia o paura che induce la vittima a cambiare le proprie abitudini di vita. Il caso specifico riguarda un docente universitario accusato, oltre che di molestie nei confronti delle sue studentesse, anche di atti persecutori verso specializzandi e collaboratori, ovvero i lavoratori universitari, in un clima di perenne tensione. Al di là del singolo caso, l’importanza di questa sentenza dal punto di vista sindacale consiste nel fatto che, equiparando le dinamiche di mobbing a quelle di stalking, afferma un principio importante, estendendo la tutela dei diritti dei lavoratori contro abusi di potere e comportamenti persecutori sul luogo di lavoro. Altro elemento significativo è che la Corte sottolinea che lo stalking non richiede un piano preordinato, ma solo la volontà di mettere in atto condotte con un effetto persecutorio. Nel complesso dal punto di vista sindacale questo rappresenta un passo fondamentale verso una maggiore protezione dei lavoratori e del riconoscimento del diritto ad un ambiente lavorativo sano e rispettoso. L’Ugl ha sempre sostenuto che la dignità del lavoratore debba essere tutelata a ogni costo. La sentenza sottolinea come atti di marginalizzazione e mortificazione non solo danneggino la carriera professionale, ma abbiano anche gravi ripercussioni sulla salute mentale e sul benessere personale del lavoratore. L’obbligo di garantire un ambiente lavorativo libero da intimidazioni e vessazioni non è solo una questione morale, ma anche un dovere legale che le aziende devono rispettare. La giurisprudenza sta riconoscendo sempre più chiaramente i diritti dei lavoratori contro forme di abuso che, fino a poco tempo fa, erano difficili da dimostrare e, quindi, da punire. È necessario un maggiore impegno da parte delle istituzioni per sensibilizzare e formare i datori di lavoro e i dirigenti sui temi del mobbing e dello stalking lavorativo, prevenendo così tali comportamenti prima che possano verificarsi e servono anche meccanismi di supporto efficaci per le vittime, inclusi servizi di consulenza psicologica e assistenza legale, affinché possano denunciare senza paura di ritorsioni ed in questo senso il ruolo delle rappresentanze sindacali aziendali è fondamentale e va ulteriormente sostenuto. Una vera giustizia sociale si basa sul rispetto e sulla dignità di ogni individuo, sul contrasto ad ogni forma di abuso sul posto di lavoro e sulla certezza che non adempiere a questi doveri comporta conseguenze legali.