Italia in fondo alla classifica Ue per tasso di occupazione dei neolaureati. Un problema a due facce, tra mismatching di competenze e criticità del sistema produttivo
Secondo una ricerca Eurostat, nel 2023, l’83,5% dei neolaureati nell’Ue risultava occupato, segnando un aumento dell’1,1% rispetto al tasso di occupazione registrato nel 2022, all’82,4%. La ricerca, che prende come punto di riferimento i neolaureati, considera tutte le persone di età compresa tra 20 e 34 anni, che abbiano completato il percorso di studi universitari da non più di tre anni. Un tasso di occupazione comunque alto, se si pensa che il divario nel tasso di occupazione rispetto ai diplomati di pari fascia anagrafica è di 9,6 punti percentuali. Tuttavia, se questi dati corrispondono alla media Ue, nella classifica per Stati relativa al tasso di occupazione dei neolaureati, il nostro Paese si colloca all’ultimo posto. Prima in classifica Malta, con il 95,8%, seguita dai Paesi Bassi (93,2%) e dalla Germania (91,5%). Ultima l’Italia con il 67,5% di occupati, preceduta da Grecia (72,3%) e Romania (74,8%). Dati che fanno riflettere perché in Italia i neolaureati sono pochi, circa il 27% dei giovani tra 20 e 34 anni, una percentuale nettamente inferiore alla media Ue27, di oltre il 40%. Pochi, quindi, e anche sottoutilizzati. Un problema a due facce che segnala due elementi di criticità del sistema Paese: da un lato la questione del mismatching di competenze, con la scelta da parte di molti ragazzi, compresi quelli impegnati negli studi universitari, di percorsi di studio non in linea con le esigenze dell’economia e delle imprese; dall’altro lato una situazione indicativa di un mondo produttivo refrattario ad investire in innovazione ed a puntare sulla qualità della propria forza lavoro.