di Francesco Paolo Capone, Segretario Generale UGL
Uno dei periodi più belli per viversi Roma, per un cittadino della Capitale soprattutto, è il mese di agosto. Certo, la città appare un po’ svuotata – sempre meno, tuttavia, negli ultimi anni – ma sembra diventare, quanto meno, più a misura d’uomo. Il turismo nelle innumerevoli piccole, medie e grandi città d’arte è il benvenuto e siamo ben lontani, per ora, dall’esasperazione mostrata dagli spagnoli verso quello che essi chiamano «turismo selvaggio». Ma è altrettanto vero che il dilagare dei B&B (spesso per i piccoli proprietari exit strategy per far quadrare il bilancio familiare), delle grandi catene di distribuzione e dei centri commerciali, gli affitti e i costi alti che colpiscono le case dei tanti centri storici d’Italia, l’abbandono, per non dire esodo, di alcune professioni legate al terziario, alla ristorazione e al turismo, in quanto mal retribuite, stanno snaturando il volto delle nostre bellissime città. Interessante da questo punto di vista, è la ricerca di Confcommercio in collaborazione con SWG, pubblicata oggi, nell’ambito del progetto Cities che si occupa di contrasto alla desertificazione commerciale nelle città italiane e sviluppo del valore sociale delle economie di prossimità. Quest’ultima racconta quel desiderio mai sopito degli italiani, ma più che altro si tratta di una vera e propria cultura, di voler vivere in quartieri in cui ci sono più esercizi di prossimità, perché rafforzano le comunità (per il 64%), fanno sentire più sicure le persone (57%) e fanno crescere il valore delle abitazioni (fino al 26% in più).
Rivela Confcommercio che la chiusura dei negozi preoccupa e intristisce i cittadini, soprattutto al Nord e nelle città di medie dimensioni, che percepiscono chiaramente quali tipologie merceologiche sono a maggiore rischio, mentre solo 1 persona su 10 preferisce vivere in una zona esclusivamente residenziale, senza servizi di prossimità.
Alle attività economiche di prossimità viene anche riconosciuto un alto valore sociale e per quasi i due terzi degli intervistati (64%) rappresentano soprattutto un’occasione di incontro che rafforza l’appartenenza alla comunità, ma anche un servizio alle persone fragili (59%), nonché un presidio di sicurezza (57%).
I piccoli negozi per gli italiani sono così importanti che si arriva addirittura, per un italiano su cinque, a ipotizzare di cambiare abitazione nel caso in cui il fenomeno dell’avanzamento della desertificazione dovesse acuirsi nella zona in cui abita.
Su questo, siamo d’accordo con Sangalli, presidente di Confcommercio, anche nell’era digitale i negozi sono insostituibili e, da sindacalista, aggiungo fonte di reddito e di lavoro.