«Alcuni hanno sostenuto che non si debba parlare con alcune forze politiche. Le istituzioni Ue sono state pensate in una logica neutrale. Gli incarichi apicali sono stati affidati tenendo in considerazione i gruppi maggiori, indipendentemente da logiche di maggioranza e opposizione». Lo ha detto il presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, intervenendo alla Camera – il premier ha parlato anche in Senato, nel pomeriggio – per le comunicazioni in vista del Consiglio europeo. (come riportato ieri, citando le indiscrezioni riferite dalla stampa, i negoziatori della maggioranza centrista al Parlamento europeo – popolari, socialisti e liberali – avrebbero raggiunto un’intesa che prevede la conferma di Ursula von der Leyen alla presidenza della Commissione europea, con Antonio Costa al Consiglio europeo e Kaja Kallas come Alto rappresentante Ue per gli Affari esteri e la politica di sicurezza). Secondo il premier, «oggi si sceglie di aprire uno scenario nuovo e la logica del consenso viene scavalcata da quella dei caminetti, dove una parte decide per tutti. Una ‘conventio ad excludendum’ che a nome del governo italiano ho contestato e non intento condividere». Una scelta che rischia di costare caro all’Ue: «L’errore che si sta per compiere con l’imposizione di questa logica e di una maggioranza fragile e destinata probabilmente ad avere difficoltà nel corso della legislatura è un errore importante non per la sottoscritta per il centrodestra o per l’Italia ma per un’Europa che non sembra comprendere la sfida che ha di fronte o la comprende ma preferisce in ogni caso dare priorità ad altre cose», ha ammonito il premier, individuando nei flussi migratori, nella necessità di ridurre la burocrazia, nell’importanza di incrementare la spesa per la difesa comune e nel proseguire con il sostegno alla resistenza ucraina, fin quando sarà necessario, i punti che andrebbero inseriti in cima all’agenda europea per i prossimi anni. Eppure il risultato delle elezioni, che rivela la volontà popolare, ha espresso un desiderio evidente. Quello del cambiamento: «Se c’è un dato indiscutibile che arriva dalle urne è la bocciatura delle politiche portate avanti dalla forze politiche al governo in molti della grandi nazioni europee, che sono anche in molti casi le forze che hanno impresso le politiche europee degli ultimi anni». La presidente del Consiglio ha citato le percentuali ottenuti nei singoli Paesi Ue dai partiti di governo – 16% in Francia, 32% in Germania, in Spagna il 34% –, rivendicando che «solo in Italia il 53% degli eletti è espressione delle forze di governo».