di Francesco Paolo Capone, Segretario Generale UGL
Quanto accaduto a Borgo Santa Maria, periferia di Latina, rappresenta il volto più estremo dello sfruttamento del lavoro che ancora imperversa, anche in Italia. Satnam Singh, bracciante agricolo, è stato vittima di un incidente gravissimo, con un braccio tranciato da un macchinario ed anche gli arti inferiori colpiti. Uno dei, purtroppo, ancora troppo frequenti incidenti che avvengono in un settore fra i più pericolosi, qual è quello agricolo, come dimostra l’altro terribile fatto accaduto oggi a Brembio, dove un ragazzo di 18 anni ha perso la vita ed un altro è rimasto ferito. Il caso di Singh, però, è particolarmente grave perché dopo l’incidente, invece di chiamare immediatamente i soccorsi, il trentunenne indiano è stato abbandonato a se stesso, portato, insieme alla moglie, su un furgone e poi scaricato davanti alla sua abitazione, con il braccio tranciato riposto in una cassetta di frutta. Solo allora i parenti hanno chiamato i soccorsi, e, nonostante l’intervento del 118 e la corsa in eliambulanza verso il San Camillo, il ragazzo è deceduto il giorno seguente. Cosa sia successo in quel lasso di tempo, in quelle due ore fra l’incidente e la chiamata dei soccorsi, è al vaglio degli inquirenti, fatto sta che il titolare dell’azienda agricola, Antonello Lovato, è indagato non solo per omissione di soccorso e disposizioni in materia di lavoro irregolare, ma anche per omicidio colposo. Mentre Lovato accusa il giovane Satnam di «leggerezza» e assieme a sua moglie Sony, anche lei dipendente dell’azienda agricola, di non aver voluto, loro stessi, chiamare i soccorsi, la donna racconta tutt’altro: secondo la moglie del lavoratore ci sarebbe stata una precisa volontà da parte del titolare dell’azienda di insabbiare l’incidente a causa delle tante irregolarità da nascondere e per questo Lovato avrebbe addirittura requisito i telefoni cellulari dei suoi lavoratori, impedendo loro di chiamare i soccorsi. Ora la procura di Latina ha aperto un’inchiesta e sarebbe indagata anche un’altra persona, mentre gli investigatori stanno cercando il «caporale» indiano di Singh. I fatti, di una gravità estrema, dovranno essere appurati, ma, in ogni caso, se il bracciante non fosse stato irregolare, forse si sarebbe salvato. Una tragedia come questa non può lasciare indifferenti, ci obbliga a fare i conti con le tante carenze ancora presenti nella difesa della salute e sicurezza sul lavoro, ai controlli che mancano, ma anche a riflettere sul sistema del caporalato e dello sfruttamento dell’immigrazione clandestina. Occorre fare piena luce su questa terribile vicenda, punendo adeguatamente i responsabili, e rendere più efficaci e capillari le azioni contro il caporalato, perché queste «barbarie» come le ha definite il ministro Calderone, finalmente, nel nostro Paese, non accadano più.