Secondo il premier, il dato sulla partecipazione invita ad una riflessione: «Questo è un richiamo a politiche più pragmatiche e meno ideologiche»
«La partecipazione alle urne apre una riflessione sul ruolo dell’Europa. L’affluenza bassa è un dato che non riguarda solo l’Italia ma è un tema che colpisce tutto il continente. È un dato che fa riflettere». Il giorno dopo le elezioni Europee che hanno visto Fratelli d’Italia fare incetta di preferenze, confermandosi primo partito italiano, il presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, si è concessa una riflessione di più ampio respiro sul voto, in un intervento a Rtl 102.5. Secondo il premier, che ha cercato di dare una spiegazione alla scarsa partecipazione dell’elettorato, «l’Europa viene percepita come distante con politiche non condivise dai cittadini, si vede dai risultati: le forze alternative alla sinistra crescono praticamente in tutta Europa, il partito dei conservatori, che ho l’onore di guidare, è attualmente il partito che cresce di più. Questo è un richiamo a politiche più pragmatiche e meno ideologiche». Quale dovrà essere l’Europa del futuro? «Penso che serva un’Europa più capace di ascoltare i cittadini, meno invadente nella vita delle persone, ma che si occupi delle grandi materie che le competono. Penso che il dato di affluenza non vada visto tanto in rapporto alla nostra politica nazionale, ma in rapporto a un’Europa che molti cittadini non considerano importante. Non viene percepita come una cosa che riguarda tutti i cittadini, e questa è una riflessione che l’Europa deve fare». L’esito delle urne si riflette inevitabilmente anche sull’esecutivo: «Ne usciamo come governo in assoluto più rafforzato, in controtendenza rispetto ai partiti del resto d’Europa. Questo risultato non è un traguardo per me stessa ma per trasformare ogni singola croce fatta sui partiti del centrodestra in risultati per gli italiani, che come sempre è l’unica cosa che mi interessa. E mi interessa fare la mia parte per un’Europa diversa da quella che abbiamo conosciuto in questi anni. Che faccia cose che spesso non ha fatto e che non si infili in materie che non le competono, lasciandole alle competenze degli Stati nazionali. L’Italia avrà un ruolo determinante».