di Francesco Paolo Capone, Segretario Generale UGL

La Banca Centrale Europea ha finalmente annunciato una riduzione dei tassi d’interesse, di 0,25 punti percentuali. Questa misura, attesa da tempo, arriva dopo una serie di aumenti che, pur mirati a contenere l’inflazione, hanno causato numerose difficoltà a famiglie, lavoratori e imprese. L’economia reale europea, colpita prima dalla pandemia, poi dalla crisi energetica e infine dalla guerra russo-ucraina, avrebbe necessitato di politiche monetarie diverse, come dimostrano i dati sui consumi. La decisione di abbassare leggermente i tassi, senza però prospettare ulteriori riduzioni a breve termine, sembra cristallizzare la volontà di non prendere una posizione netta, cercando di accontentare tutte le parti ma finendo per non accontentare nessuno. In effetti, questo taglio dei tassi arriva troppo tardi. L’annuncio coincide con l’inizio delle elezioni per il rinnovo dell’Europarlamento e poi della Commissione Ue: stamattina si sono aperti i seggi nei Paesi Bassi, primo Stato dell’Unione a iniziare le votazioni e quello della Bce sembra un tentativo volto a placare una parte del mondo produttivo europeo ed i suoi rappresentanti, che richiedevano a gran voce questo intervento, senza però irritare troppo i cosiddetti “falchi” dell’Europa centrale, in un contesto di interessi nazionali e visioni politiche contrastanti, prima del chiarimento elettorale. Questa mossa smentisce anche uno dei principi fondamentali della stessa Lagarde, ovvero l’obiettivo di arrivare ad un’inflazione al 2% prima di procedere al taglio, che invece viene effettuato ora che l’inflazione è in leggera risalita: nell’Eurozona, ad esempio, a maggio è stata del 2,6% rispetto al 2,4 di Aprile, ed anche quella “core”, ovvero al netto di costi energetici e alimentari, è passata dal 2,7% al 2,9%. Inoltre, questa riduzione si inserisce nel contesto delle strettissime relazioni con l’economia statunitense e la Fed e del rapporto euro-dollaro. È stata limitata per evitare, dato che la Banca centrale americana non sta riducendo i tassi e non prevede di farlo almeno fino a settembre, il rischio di un’inflazione di ritorno importata dagli Usa, ma rischia così di non apportare benefici significativi alla nostra economia. Nel complesso, la gestione di questa lunga e complicata vicenda da parte di Christine Lagarde avrebbe potuto essere diversa. Sarebbe stato necessario un approccio orientato al mantenimento della stabilità dei prezzi senza però penalizzare l’economia europea, in una visione di crescita, a tutela dei settori produttivi europei e della propensione ad investire di famiglie e imprese, piuttosto che un correre di volta in volta ai ripari agendo sempre di rimessa per tamponare le emergenze ed utilizzando strumenti che alla fine si sono rivelati sfavorevoli per l’economia e la società del Vecchio Continente.