di Francesco Paolo Capone, Segretario Generale UGL

Ci avviciniamo alla fine dell’anno scolastico e, se per i ragazzi questo significa meritato riposo, per molti genitori, quelli con figli piccoli, under-14, e quindi per i quali è necessaria sempre la presenza di un adulto, invece, vuol dire dover affrontare il problema di organizzare le lunghe giornate estive dei propri bambini, dato il fatto che le poche settimane di ferie dei lavoratori non coincidono con i tre mesi di vacanza degli studenti. Insomma, con entrambi i genitori che lavorano ed in assenza del provvidenziale supporto dei nonni, non c’è altra soluzione che il “centro estivo”, dai costi non irrilevanti e nella maggior parte dei casi chiuso ad Agosto, per poter occupare i bambini mentre i genitori sono al lavoro. Senza dimenticare i minori adolescenti, per i quali è ugualmente difficile trovare spazi sicuri di aggregazione durante il periodo estivo. Non si tratta di un problema da poco, ma di un fatto che coinvolge milioni di cittadini e, che per le fasce sociali medio basse, comporta il sostenimento di un ulteriore esborso da aggiungere alle altre spese quotidiane. Il problema si colloca nel contesto di un’organizzazione dei “tempi delle città” e dei servizi pubblici rimasto ancorato ad un modello di società ormai superato, quello nel quale nelle famiglie era un solo componente a lavorare, mentre l’altro, ovvero la madre nella quasi totalità dei casi, si occupava dei compiti di cura. Ora le cose sono cambiate e l’impegno femminile nel mondo del lavoro non è solo cosa giusta, ma spesso anche necessaria al mantenimento della famiglia. Per questo, organizzare un’estate “family friendly” è un obiettivo da raggiungere, se si vogliono tradurre in realtà i propositi di una maggiore e migliore inclusione delle donne nel mondo del lavoro e di un efficace contrasto alla denatalità. Alcune imprese – grandi e quindi con maggiori possibilità – hanno risolto autonomamente il problema attraverso politiche di welfare aziendale. Ne parla oggi il Sole 24 Ore, citando i casi di grandi gruppi come Poste Italiane, Enel, Pirelli, Tim, Unicredit, Intesa, Bpm, Allianz ed Unipol, che mettono a disposizione dei figli dei propri dipendenti centri ricreativi o campus estivi, gratuitamente o a costi particolarmente vantaggiosi, rimborsano le iscrizioni ai centri estivi privati, oppure ancora, come nel caso di Assicurazioni Generali, consentono un maggiore ricorso allo smart working durante i mesi estivi, con poi ulteriori agevolazioni in caso di ragazzi con disabilità. Buone pratiche, però limitate ad alcune grandi aziende e che lasciano fuori troppe famiglie, mentre, invece, andrebbero prese a modello. Individuando strumenti per estendere questa modalità di conciliazione aziendale anche alle Pmi, oppure ideando misure pubbliche simili, aperte a tutti i lavoratori, per risolvere un problema molto sentito e molto concreto.