di Francesco Paolo Capone, Segretario Generale Ugl

Sono arrivate le ultime stime Istat, relative al mese di aprile, su occupazione e disoccupazione ed il quadro d’insieme è molto positivo. Il tasso di attività sale ancora, del +0,4%, pari a +84 mila unità, arrivando al 62,3%. Rispetto all’aprile del 2023 il numero di persone che lavorano è cresciuto di 500mila unità. Un nuovo record, la più alta percentuale dal 2004, ovvero dall’anno di inizio delle serie storiche, con un numero complessivo di occupati che ora sfiora i 24 milioni, peraltro con un incremento dei contratti stabili e segnando una crescita che riguarda uomini e donne, dipendenti e autonomi. Parallelamente, anche la disoccupazione è ai minimi storici, al 6,9%, finalmente scesa sotto la soglia psicologica del 7% e con il tasso più basso registrato negli ultimi 15 anni. Dati che non possono che rallegrarci, che rappresentano «una bella notizia per gli italiani», come ha detto il ministro del Lavoro, Marina Calderone, e che testimoniano in modo eloquente la validità delle misure messe in atto dal Governo, volte a supportare maggiormente il lavoro rispetto ai sussidi, tranne, naturalmente, quando effettivamente necessari, rivitalizzando il sistema nel suo complesso. Questa situazione, però, va considerata una tappa, senz’altro positiva, in un percorso che non può dirsi ancora concluso. Perché resta il vulnus dell’emarginazione, ancora presente, dei giovani dal mondo del lavoro. Solo nella fascia d’età dei 25-34enni, si registra, infatti, un calo del tasso di occupazione dal 68,8% al 68,3%, un dato che preoccupa e resta elevato il numero di Neet. È qui che bisogna intervenire per correggere le criticità ancora presenti nel mondo del lavoro italiano. Puntando su istruzione e formazione adeguate al contesto produttivo, per ridurre il mismatch. Secondo gli ultimi dati di Fondazione Altagamma e Unioncamere, nei prossimi anni ci saranno circa 276mila posti ad alto valore aggiunto nei settori dei motori, dell’alimentare, della moda e del design, nell’ospitalità, per i quali sarà difficile trovare le competenze necessarie. Poi bisogna investire sulle politiche attive, con una più stretta sinergia tra pubblico e privato ed affrontando uno storico problema del mondo del lavoro italiano, ovvero quello di centri per l’impiego ancora inadeguati ad adempiere pienamente al proprio ruolo di intermediazione fra domanda e offerta, come sottolineato recentemente dall’Inapp. Infine, sostenere un maggiore turnover generazionale all’interno delle imprese, con strumenti adeguati. Il quadro generale, quindi, mostra da un lato numeri record che vanno giustamente riconosciuti e sui quali non si può che avere un giudizio estremamente positivo, dall’altro, osservando i giovani che continuano a restare indietro, sono chiare anche le strade da intraprendere per affrontare e risolvere anche questa criticità del mondo del lavoro italiano.