Per l’Inapp, migliorano le condizioni delle donne al primo lavoro, ma c’è molto da fare

Una fotografia lunga oltre un decennio, passata da due riforme di peso che portano il nome di Elsa Fornero e di Matteo Renzi e dalla pandemia da Covid-19 che ha impattato in maniera consistente su una serie di convinzioni consolidate. È questo quello che propone l’Inapp, già Isfol, nel suo ultimo studio sul mercato del lavoro dal 2011 al 2022. Un primo aspetto che emerge è la staticità delle condizioni occupazionali delle persone, una cosa che diventa preoccupante nel momento in cui si guarda alla disoccupazione: nel biennio 2021-2022, la disoccupazione ha una durata media superiore a dodici mesi per il 94,5% delle persone coinvolte. Nello stesso arco di tempo, si è anche ridotta tantissimo la percentuale di uscita dalla inattività. Numeri simili emergono pure se si guarda alle retribuzioni. Se è vero che la remunerazione media delle donne è in crescita fra il 2011 e il 2021, è pur vero che il primo salario netto annuale è inferiore a 8mila euro nel 39,2%, a causa di fattori diversi come la stagionalità dell’occupazione, il maggiore ricorso al part time, con l’instabilità al 43,5%. Di positivo vi è invece la riduzione del tempo di ricerca di una prima occupazione, sceso da 22 mesi a 7 mesi. Rimane infine l’altro grando nodo, vale a dire quello dell’incapacità dei canali formali, come i centri per l’impiego, di mettere in correlazione chi cerca un lavoro con le imprese che hanno posti disponibili.