Così il ministro della Difesa, Gallant
Non sono mancate le reazioni alla decisione del procuratore capo della Corte penale internazionale, Karim Khan, di chiedere alla Corte un mandato di arresto per il premier israeliano, Benjamin Netanyahu, per il ministro della Difesa israeliano, Yoav Gallant, per il leader di Hamas nella Striscia di Gaza, Yhaya Sinwar, per il capo politico di Hamas, Ismail Haniyeh, e per il capo delle brigate al Qassam, Mohammed Deif. «Un parallelo disgustoso» tra Israele e Hamas, lo ha definito Gallant, aggiungendo che «Israele non riconosce l’autorità della Corte». Una critica analoga da parte anche di Hamas, che ha accusato Khan di mettere sullo stesso piano «vittime e carnefice». Particolarmente critico anche il presidente degli Stati Uniti Joe Biden, che ha difeso lo storico alleato, modificando leggermente la posizione statunitense su quanto sta accadendo nella Striscia di Gaza, dopo gli attacchi di Hamas del 7 ottobre – Biden ha criticato duramente la gestione israeliana della guerra, arrivando anche a minacciare uno stop alla fornitura delle armi a Israele –: in un comunicato stampa il presidente statunitense ha definito «oltraggiosa» la decisione del procuratore capo, che comunque deve essere convalidata dalla Corte. «A prescindere da cosa possa insinuare questo procuratore, non esiste nessuna equivalenza – nessuna – fra Israele e Hamas», ha aggiunto Biden. Sul caso è intervenuta anche la Cina, chiedendo alla Corte, attraverso il portavoce del ministero degli Esteri cinese Wang Wenbin, «una posizione obiettiva e imparziale», oltre alla fine della «punizione collettiva del popolo palestinese».