di Francesco Paolo Capone, Segretario Generale

Siamo d’accordo: i fenomeni, le rivoluzioni, le transizioni vanno governati. È importante, dunque, la prima legge al mondo sull’Intelligenza Artificiale, varata oggi nell’Ue, con l’unanimità il Consiglio Ue all’AI Act, legge europea che intende disciplinarne lo sviluppo, l’immissione sul mercato e l’uso dei sistemi. La legge detta una serie di obblighi a fornitori e sviluppatori di sistemi IA in base ai diversi livelli di rischio identificati. Le nuove regole saranno applicabili a due anni dall’entrata in vigore, con l’eccezione dei divieti, che scatteranno dopo sei mesi, dei controlli sui sistemi di IA per finalità generali, compresa la governance (12 mesi) e degli obblighi per i sistemi ad alto rischio (36 mesi).
L’importanza e il primato dell’AI Act sono innegabili, perché il fenomeno rischia – ma già lo sta facendo – di lasciare al loro destino milioni di persone in quanto lavoratori, prima di tutto, e di mettere a rischio la sostenibilità economica e sociale di interi Paesi e fasce della società.
È, però, altrettanto importante per l’Ue, oltre al primato della norma, essere al passo nella produzione di sistemi di AI. Cina e gli Stati Uniti hanno impiegato copiosi investimenti in ricerca e se la battono in un duello fondamentalmente a due, in quanto leader mondiali. In Occidente, secondo Euronews, oltre il 57% degli strumenti di AI più popolari proviene appunto dagli Usa con ChatGPT, Pictory e Genesys. Altri Paesi stanno recuperando terreno, secondo un rapporto che analizza 45 dei migliori strumenti di intelligenza artificiale: il Canada è il secondo in lista, con il 6,6% degli strumenti; in testa in Europa, sono Francia, Germania e Regno Unito, con la medesima quantità di strumenti pari al 4,4%. Gli strumenti di AI più importanti sviluppati in Europa includono CleanUp.pictures e ItsAlive, francesi, Userlike, sviluppato in Germania, EBI.AI e Flick, del Regno Unito. A seguire, la Danimarca con Zendesk e la Polonia con LiveChat. Strumenti di AI anche da Giappone, Hong Kong, Brasile e Pakistan.
Come organizzazione sindacale, l’UGL è più volte intervenuta sul tema, indicando diverse soluzioni per salvaguardare il mondo del lavoro e la società: attraverso le politiche attive del lavoro, bisogna avviare un processo di riqualificazione professionale dei lavoratori, di recupero e riorientamento dei cosiddetti neet e di orientamento dei giovani, freschi di titolo di studio, affinché abbiano consapevolezza di ciò che il mercato del lavoro richiede in termini di figure professionali e specializzazione. Occorre anche un patto tra Capitale e Lavoro affinché, attraverso sistemi partecipativi, si superino i divari creati dall’AI e quelle conflittualità, figlie di un tempo surclassato dalla storia e dagli eventi di cui stiamo parlando. Di tempo da perdere non ce n’è, i cambiamenti sono in atto e sono velocissimi. Bisogna fare attenzione, perché incertezza e velocità rischiano di rendere obsolete, in poco tempo, persino le leggi più innovative.