Il 50% del ceto medio teme il declassamento
Il 60,5% degli italiani sente di appartenere al ceto medio che, prima ancora che una questione reddituale, è una condizione di identità e status sociale percepito. Ma il 48,8% vive il timore di una regressione nella scala sociale. Sono dati emersi dal Rapporto Cida-Censis “Il valore del ceto medio per l’economia e la società”, presentato oggi in un convegno alla Camera.
Secondo lo studio, il 66,6% degli italiani (e il 65,7% del ceto medio) è convinto che le generazioni passate vivevano meglio e il 76,1% degli italiani (75,1% del ceto medio) ritiene che le generazioni future staranno peggio di quelle attuali. Non basta, per il 57,9% degli italiani impegno e capacità non sono adeguatamente premiati (54,9% del ceto medio). Inoltre, l’81% pensa sia giusto che chi lavora di più guadagni di più (80% del ceto medio), e il 73,7% ritiene legittimo che una persona talentuosa e capace possa diventare ricca (75% del ceto medio).
Per l’87,1% degli italiani solo un innesto massiccio e capillare di culture e pratiche manageriali potrà consentire quell’upgrading di funzionalità che oggi è richiesto al sistema Paese e per l’82,7% il bravo manager nelle aziende e negli enti è colui che sa trascinare e motivare gli altri. L’84,4% degli italiani ritiene che una più alta efficienza di imprese e PA richiedano dirigenti fortemente orientati a premiare i più meritevoli ad ogni livello. L’85,8% delle famiglie è convinto che, se una scuola è ben gestita sul piano organizzativo, è più facile che garantisca anche buone performance didattiche e il 62,2% crede che avere manager come dirigenti nel servizio sanitario è un fattore di garanzia per i pazienti.