L’Italia, invecchiata e più povera. Si rafforza la tendenza allo spopolamento delle aree meno attrattive

Dal rapporto annuale Istat, presentato oggi alla Camera emerge un quadro non del tutto sorprendente, ma comunque preoccupante: l’età adulta non può più essere considerata sinonimo di stabilità e certezze acquisite. È, infatti, in aumento la povertà assoluta, tra l’8,5% delle famiglie e l’9,8% degli individui, raggiungendo livelli mai toccati negli ultimi 10 anni. In totale, 2 milioni 235 mila famiglie e di 5 milioni 752 mila individui sono in povertà. Tra il 2014-2023 l’incidenza di povertà assoluta individuale è aumentata del 2,9% e tutte le fasce da 0 a 64 anni hanno peggiorato la propria posizione più della media (il massimo è di +4,5% per i minorenni). Le fasce di età più anziane hanno, invece, limitato il peggioramento, ma solo a poco più di un punto percentuale. Per non parlare del calo demografico e della popolazione: nel decennio 2012-2023 è diminuita di oltre un milione di unità (-1,8%). Nel lungo periodo, si prevede un rafforzamento della tendenza allo spopolamento delle aree economicamente meno attrattive e all’invecchiamento. In prospettiva, saranno i più giovani e la popolazione attiva a diminuire, mentre crescerà in misura consistente la popolazione in età avanzata, soprattutto al Centro-Nord. Nel Mezzogiorno, la denatalità si associa alla ripresa dei flussi migratori. Le previsioni demografiche indicano una tendenza allo spopolamento e all’invecchiamento: entro il 1° gennaio 2042, la popolazione residente in Italia potrebbe ridursi di circa 3 milioni di unità, e in 50 anni (1° gennaio 2072) di oltre 8,6 milioni. Negli ultimi anni si è, inoltre, ridotto l’effetto positivo che la popolazione straniera ha esercitato sulle nascite a partire dai primi anni Duemila.