Lo ha tracciato la Polizia, riferendo che l’età media dei componenti oscilla tra i 15 e i 24 anni

La Polizia ha tracciato l’identikit delle bande giovanili, un fenomeno che non appare aumentato nell’ultimo biennio. Secondo il rapporto “Criminalità minorile e gang giovanili”, l’età media dei componenti, che difficilmente superano le dieci unità e sono perlopiù maschi, della bande è compresa tra i 15 e i 24 anni. Vessazioni, atti di bullismo nei confronti di coetanei, percosse, lesioni, vandalismo urbano, disturbo della quiete pubblica sono le “attività” principali di questo tipo di bande, presenti nella maggior parte delle regioni italiane – sono 73 le province che hanno denunciato «sporadiche attività violente o devianti» di questi gruppi –, principalmente nel Centro-Nord. «Le minori opportunità, la disoccupazione giovanile e la carenza di modelli positivi potrebbero contribuire alla formazione di gruppi che, spesso, catalizzano l’attenzione dei media e delle autorità locali a causa delle loro attività criminali e del loro impatto sulla comunità», si legge nel report che cerca di indagare la genesi di queste bande. Spesso determinante è la ricerca di attenzione e il desiderio di ribellione o anche la noia, senza dimenticare i «rapporti problematici con le famiglie, con i pari o con il sistema scolastico, difficoltà relazionali o di inclusione». Infine, sottolinea chi ha realizzato il rapporto, «il gruppo favorisce la sensazione di anonimizzazione e deresponsabilizzazione da parte del giovane che, nel contempo, in tale contesto “aggregato” acquisisce una sicurezza che gli consente di sentirsi invincibile e protetto».