di Francesco Paolo Capone, Segretario Generale Ugl
Le rilevazioni Istat sulla povertà in Italia offrono un quadro positivo della situazione, dato che il numero delle persone a rischio è in calo, ammontando, nel 2023, al 18,9% della popolazione, contro il 20,1% dell’anno precedente. Se, poi, si aggiungono anche le persone in stato di grave deprivazione arriviamo al 22,8%, valore complessivamente minore rispetto al 2022, quando era il 24,4%, con però un lieve aumento della popolazione in condizione di grave deprivazione, categoria passata dal 4,5% del 2022 al 4,7% del 2023. Insomma, poiché i poveri sono in diminuzione, ma ci sono ancora più di 11 milioni di persone in difficoltà nel nostro Paese, ben si comprende il fatto che bisogna, da un lato, riconoscere la tendenza positiva in corso, dall’altro impegnarsi per abbassare ulteriormente questo dato, comunque alto. Occorre dire che alcune politiche governative hanno avuto un impatto positivo, a partire dal taglio del cuneo fiscale per i lavoratori dipendenti fino ad arrivare all’assegno unico ed agli interventi per fronteggiare la crisi energetica. Un altro elemento da considerare è l’impatto della trasformazione del Reddito di Cittadinanza nella Mia, ovvero «misura di inclusione attiva», sulla base della diversa visione proposta dalla destra: scindere le persone impossibilitate a lavorare da quelle abili al lavoro ma inoccupate, per favorire il sostegno dei cittadini in difficoltà senza però provocare l’effetto paradosso di scoraggiare i disoccupati a cercare un lavoro regolare. Una decisione che ha provocato effetti benefici: da un lato la povertà non solo non è aumentata, ma al contrario è diminuita, dall’altro è cresciuta l’occupazione, soprattutto quella a tempo indeterminato. Una situazione con effetti positivi generali: secondo un’indagine Confcommercio-Censis su consumi e fiducia, per il 2024 è prevista «una crescita del reddito disponibile dell’1,4% e dei consumi attorno allo 0,9%». Accanto a questi elementi positivi, ci sono, però, ancora delle criticità. Le tensioni internazionali determinano un senso di incertezza che rallenta investimenti e consumi, i tassi d’interesse ancora alti della Bce frenano la crescita in generale ed il settore immobiliare in particolare, il fisco pesa ancora troppo ed in modo non equilibrato sul tenore di vita degli italiani. C’è poi, ancora, molto significativa, la “questione meridionale”. Al Sud, infatti, la percentuale di persone a rischio povertà o in stato di grave deprivazione è notevolmente maggiore rispetto al Centro-Nord, segno che sono necessarie misure specifiche più efficaci per aiutare finalmente quest’area del Paese a raggiungere i livelli di sviluppo economico-sociale del resto della Penisola. Dati molto chiari, quindi, che indicano sia quali politiche si siano rivelate utili, sia quelle che sarebbero opportune per migliorare ulteriormente la situazione.