di Francesco Paolo Capone, Segretario Generale UGL

Si concretizza la possibilità dell’introduzione di una nuova Quota 41, così, infatti, ha dichiarato a Il Giornale il sottosegretario Durigon, ex sindacalista Ugl, affermando che «serve una maggiore flessibilità in uscita e crediamo che, oggettivamente, ci siano i requisiti per poter affrontare una riforma pensionistica». Se anche per il 2024, a causa di questioni di bilancio, resta la soluzione ponte di Quota 103, ovvero 41 anni di contributi con almeno 62 anni di età, le cose potrebbero cambiare entro la legislatura, anche perché nell’anno appena trascorso il numero delle uscite si è ridotto, come anche nel primo trimestre 2024. In base agli ultimi dati Inps, nell’intero 2023 sono state circa 227mila le nuove pensioni anticipate, accanto ad altre 312mila di vecchiaia, assegni sociali compresi, 54mila di invalidità e 224mila ai superstiti, mentre nel primo trimestre 2024 sono state 56mila le uscite anticipate, con poi 73mila pensioni di vecchiaia, più di 8mila di invalidità e 49mila ai superstiti. Insomma, in molti sono già usciti con Quota 100 e 102 e c’è una tendenza alla decrescita, confermando la sostenibilità del sistema. Una riforma nel segno di una maggiore flessibilità in uscita non è affatto impraticabile, specie se accompagnata da bonus per chi, invece, voglia rimanere al lavoro più a lungo, lasciando maggiore margine di scelta ai lavoratori. Su questo fronte sta lavorando anche il presidente della commissione Finanze del Senato Garavaglia, che ha parlato di un progetto di riforma «praticamente ultimato e che riguarda in generale tutto il capitolo delle pensioni», e per il quale, una volta spiegato nei dettagli, assicura che troverà «il consenso degli alleati, ma anche delle opposizioni, di tutti, compresi i sindacati». Per l’Ugl l’obiettivo è quello di una maggiore flessibilità, a vantaggio dei pensionandi, ma anche del turnover, quindi dei giovani in cerca di lavoro e delle stesse aziende, in sintesi, come abbiamo sempre ribadito, una riforma previdenziale complessiva e fondata proprio su Quota 41. Un’ipotesi, tra l’altro, condivisa anche da altre sigle e in primis dalla Cisl di Sbarra. Una Quota 41 netta che prescinda dall’età anagrafica e si basi solo sugli anni di lavoro svolti, da affiancare ad altri strumenti dedicati anche a specifiche categorie di lavoratori, da chi svolge lavori usuranti e faticosi, estendendo la platea, a chi ha iniziato a lavorare più tardi o ha avuto percorsi poco lineari, in particolare stabilizzando due strumenti come l’Ape sociale e Opzione donna, e bilanciando il tutto proprio con incentivi dedicati a chi, invece, voglia e possa restare al lavoro anche in tarda età, puntando nettamente sulla volontarietà. Un’idea equa, ed anche, a conti fatti, realizzabile e che si auspica vada rapidamente in porto, partendo da una riapertura dei tavoli di confronto con le parti sociali.