di Francesco Paolo Capone, Segretario Generale Ugl

Nonostante le riduzioni avvenute in questi anni, il cuneo fiscale italiano, ossia la discrepanza tra il compenso lordo erogato dal datore di lavoro e il reddito netto percepito dal lavoratore, resta troppo alto. Una situazione acclarata, tanto che il nostro Paese si posiziona ancora quinto nella classifica dei 38 Stati industrializzati dell’Ocse. Questa la sintesi proposta oggi dal Sole 24 Ore basandosi sui dati del Rapporto Taxing Wages. Per chiarire la situazione attraverso alcuni esempi, per un single italiano il peso del fisco sul reddito da lavoro è del 45,1% contro una media Ocse di 34,8%. Prima di noi solo Francia, Austria, Germania e Belgio. Per una famiglia con due figli e nella quale è occupato solo uno dei genitori, con uno stipendio medio, il cuneo fiscale in Italia nel 2023 è al 33,2% contro una media Ocse del 25,7%. Se invece si ipotizza il caso di una famiglia, sempre con due figli, ma nella quale entrambi i genitori lavorano, percependo un salario medio, il cuneo fiscale da noi è al 39,9% contro il 31,8% dei paesi Ocse. La maggioranza ha chiarito che il taglio del cuneo contributivo sarà confermato anche per il 2025, quindi con la prossima manovra. Una misura costosa, la cui copertura richiede, in base alla stima stima fatta dall’Ufficio pubblico di bilancio, circa 10 miliardi di euro. Una somma da aggiungere ai 4,3 miliardi per confermare anche per il 2025 l’altra misura chiave della manovra 2024, vale a dire la nuova Irpef, passata da quattro a tre aliquote, con l’accorpamento dei primi due scaglioni. E poi ci sono il taglio al canone Rai, gli aiuti per nidi e congedi parentali e l’obiettivo di tagliare le tasse al ceto medio. Mentre è incerta, invece, la copertura del bonus da 80 euro. Senza considerare il capitolo sanità, con l’intenzione di procedere verso maggiori assunzioni per colmare le carenze di organico, migliorare le retribuzioni degli operatori ed investire per ridurre le liste d’attesa, tutte misure tanto importanti quanto costose. Ed, infine, il costoso, ma imprescindibile, rifinanziamento delle missioni internazionali, in uno scenario internazionale che richiede di investire anche sul fattore difesa. Tutto questo dovendo fare i conti con i vuoti lasciati dal Superbonus e con il nuovo Patto di Stabilità Ue. La disponibilità di risorse è limitata e per questo il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, in previsione della stesura della nuova manovra finanziaria, ha chiesto ai suoi colleghi di risparmiare 2 miliardi in più rispetto all’anno precedente. Per ulteriori tagli al cuneo, sebbene auspicabili, sarà necessario attendere ancora, considerando che quelli già attuati rappresentano un traguardo che fino a pochi anni fa sembrava irraggiungibile, a fronte di un quadro che spiega bene le ragioni del no italiano alle nuove nuove regole di bilancio dell’Unione Europea, da rivedere al più presto.