di Francesco Paolo Capone, Segretario Generale UGL
Un articolo pubblicato oggi dal Sole 24 Ore offre alcuni dati interessanti sulla diffusione dell’azionariato dei dipendenti in Italia ed in Europa. Certamente, per maggiore chiarezza, occorre ricordare che l’azionariato dei dipendenti, pur essendo un elemento importante nella visione partecipativa, non è affatto esaustivo, dato che per una piena partecipazione resta fondamentale non solo il possesso di azioni, ma anche l’elemento gestionale, ovvero la presenza di rappresentanze dei dipendenti negli organismi decisionali delle aziende, come fra l’altro chiariscono bene le proposte del nostro sindacato per l’attuazione dell’articolo 46 della Costituzione. In ogni caso, anche dal punto di vista del mero azionariato, con un numero di dipendenti che detengono azioni dell’impresa per la quale lavorano attualmente in Italia attestato a 220.000 persone, il nostro Paese dimostra di trovarsi piuttosto indietro rispetto al resto d’Europa. In base ai dati Efes, nel 2023 circa 6,9 milioni di dipendenti erano azionisti nel Continente – comprendendo quindi anche Stati esterni ai confini dell’Ue – con, in vetta alla classifica, la Francia con quasi tre milioni di lavoratori, poi il Regno Unito, dove i dipendenti azionisti erano oltre 1,7 milioni, e la Germania con poco meno di 880mila. Dal punto di vista del peso economico di questo azionariato, sempre secondo Efes, la cifra detenuta dai lavoratori era circa il 3% del capitale delle società con piani di azionariato, pari a 441 miliardi di euro. L’Italia conta in questo contesto non molti esempi, ma illustri. Come Generali, che, con il suo piano “We share 2.0”, al quale hanno aderito oltre 23mila dipendenti sui 68mila aventi diritto e gli 82 mila totali dell’azienda, ha ottenuto il riconoscimento per il piano più innovativo a livello globale nel Global Equity Organization awards 2024. E come anche i sistemi azionariato di aziende come Campari, Eni, Intesa Sanpaolo, Tim, Mediobanca, Unicredit. Nel complesso si può notare che in Italia resta limitata la presenza di grandi società che hanno integrato nei loro metodi di incentivazione a lungo termine dei piani di azionariato diffuso. Tuttavia, è interessante notare che dove questi piani sono stati introdotti, l’adesione dei dipendenti è risultata notevolmente elevata, attestandosi intorno al 50%, coinvolgendo non solo i “colletti bianchi”, ma anche gli operai e dimostrando un forte senso di appartenenza alla propria azienda da parte dei lavoratori. Una tendenza che evidenzia, anche nel nostro Paese, un chiaro interesse da parte dei dipendenti verso l’azionariato e una volontà di partecipazione attiva alla vita e al successo dell’azienda per cui lavorano. Un segnale significativo che merita ulteriori analisi e, soprattutto, la messa in atto di azioni concrete per favorire e incoraggiare la partecipazione.