Modificato l’articolo 4: adesso il premier può chiedere lo scioglimento delle Camere in tutti i casi di sue dimissioni e non soltanto in caso di dimissioni «volontarie»

Proseguono i lavori della Commissione Affari Costituzionali del Senato al ddl che punta ad introdurre il premierato, «la madre di tutte le riforme», secondo il presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, principale sponsor della riforma. I tempi stringono: l’esame del testo terminerà il 23 aprile con il voto del relatore, secondo deciso qualche giorno fa dall’ufficio di presidenza della Commissione. Dopo aver approvato le modifiche all’articolo 3, la norma cardine della riforma, che, tra le altre cose, prevede il tetto dei due mandati per il presidente del Consiglio, che diventano tre soltanto nel caso in cui il premier abbia ricoperto l’incarico per meno di 7 anni e 6 mesi, la Commissione ha modificato anche l’articolo 4, approvando (a sorpresa) un emendamento di Verdi e Sinistra: con la nuova formulazione si prevede che il presidente del Consiglio eletto possa chiedere lo scioglimento delle Camere al capo dello Stato in tutti i casi di sue dimissioni e non soltanto in caso di dimissioni «volontarie». Della riforma, ha parlato ieri anche il presidente del Senato, Ignazio La Russa: «Noi vogliamo che siano i cittadini a decidere, a scegliere per 5 anni il presidente del Consiglio. L’opposizione dice no, discutiamo su tutto ma non sull’elezione diretta». «La mia previsione è che tra queste posizioni inconciliabili, ma molto chiare, se non passerà una riforma con la maggioranza qualificata, toccherà ai cittadini dire chi ha ragione. Ed è già questa una forma di elezione diretta».