Da Confindustria «preoccupazione» per il Welfare: «Le transizioni green e digitale avranno impatti enormi», si va «molto probabilmente» verso «un lavoro sempre più autonomo»

Come Confindustria «siamo particolarmente preoccupati» per il Welfare italiano e «sulla tenuta di tale sistema». Lo ha dichiarato oggi Pierangelo Albini, direttore dell’area Lavoro Welfare e Capitale umano di Confindustria, durante un’audizione. La preoccupazione è per «la capacità del sistema regolatorio del mondo delle imprese e del lavoro di affrontare le transizioni, Confindustria si interroga sulla capacità di adattamento che il nostro sistema di Welfare ha. Non è solo un problema di sostenibilità ma soprattutto un problema di ridisegno». Tra le preoccupazioni, «l’inverno demografico: il progressivo impoverimento della popolazione, non economico ma quantitativo, perché nel 2013 in Italia c’erano 60 milioni di residenti», ma abbiamo la prospettiva è di 45 milioni nel 2080. Altra preoccupazione, «il cosiddetto indice di dipendenza: la relazione esistente tra la popolazione attiva (15-64 anni) e la popolazione over 64 anni e quindi tendenzialmente pensionata. Oggi abbiamo un rapporto circa del 38%, però, nel 2035, avremo un rapporto 1 a 1, per poi arrivare nel 2042 ad un rapporto tra un 60% di popolazione con più di 60 anni e il 40% in attività lavorativa». Il fatto è che «le transizioni green e digitale avranno impatti enormi per quanto riguarda il Welfare», ha sottolineato Albini. Tali impatti, «si tradurranno molto probabilmente in una trasformazione radicale delle strutture fondamentali nei modelli organizzativi delle imprese, il crescere di una prospettiva di lavoro che va sempre più verso il lavoro autonomo rispetto a quello subordinato», processi che richiedono di essere accompagnati. Anche perché Confindustria ha calcolato che il Welfare, tra previdenza, sanità e assistenza, costa al sistema italiano 540 miliardi all’anno (nel 2022), pari a metà della spesa pubblica italiana, un terzo del prodotto interno lordo del Paese. «Se si vede da dove vengono le entrate, si scopre che 250 miliardi vengono dalle contribuzioni, ma 170 vengono dalla fiscalità generale: che è il 40%». Secondo Confindustria, intanto «qualunque tipo di beneficio in termini di sgravi contributivi e fiscali» debba essere riservato «solo ed esclusivamente a coloro che applicano integralmente il contratto collettivo di riferimento».