di Francesco Paolo Capone, Segretario Generale UGL

Il risultato clamoroso per gli sviluppi, al momento non del tutto decifrabili, che potrebbe comportare la sconfitta del presidente turco, Recep Tayyip Erdogan, alle elezioni amministrative in Turchia e, contemporaneamente, l’ingresso degli investigatori della Procura Europea (EPPO), al posto dei procuratori belgi, nelle indagini sulle accuse di illecito penale in relazione alle trattative sui vaccini tra il presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, e l’amministratore delegato di Pfizer, attestano il 2024 come un anno particolarmente foriero di sviluppi dal punto di vista elettorale e politico.
Sia il “caso” von der Leyen, che dovrà ovviamente essere approfondito e chiarito, sia la svolta storica della Turchia rischiano, infatti, di incidere sugli equilibri all’intero dell’Ue e oltre i suoi confini. Ma c’è dell’altro che preoccupa chi ama definirsi “democratico”, andando incontro, così, ad un paradosso: come più di qualcuno ha già scritto, il 2024 sarà l’anno “più elettorale” di sempre. Perché? Perché oltre 50 elezioni sono attese nel mondo, mentre alle urne saranno chiamati 76 Paesi. Qualcosa di non poco conto, considerando inoltre che, secondo i dati raccolti dal Conflict index 2024 (l’Indice dei conflitti), il rapporto annuale pubblicato dall’Acled, nel 2024 si conferma in 50 il numero dei Paesi caratterizzati da conflitti definiti come “estremi”, “elevati” o “turbolenti”. E tra i primi quattro ci sono Ucraina, Myanmar, Messico e Palestina. Due dei quali ci riguardano, in quanto Ue e in quanto Italia, molto da vicino.
Nel 2024 saranno chiamate – in parte già stati chiamati, ad esempio in Russia – al voto 2 miliardi di persone e soltanto in Europa, tra il 6 e il 9 giugno, voteranno in 400 milioni per eleggere il nuovo Parlamento; e chissà se von der Leyen riuscirà a spuntarla ancora o, addirittura, a essere candidata. Negli Usa si voterà il 5 novembre, sappiamo con quali timori da parte dei suddetti democratici. Mentre su 71 Paesi considerati dal Democracy index, solo 43 avranno elezioni libere e democratiche, tra cui, appunto i 27 stati dell’Unione europea. L’aspetto, che dovrebbe maggiormente preoccupare, dovrebbero essere le elezioni non libere in Paesi che possono avere una forte ingerenza nei conflitti attualmente in corso. In Bangladesh, ad esempio, le elezioni non saranno libere, così anche in Pakistan, ma soprattutto altrettanto non lo saranno in Iran, Paese che influenza politicamente ed economicamente gruppi e Paesi in conflitto in Medio Oriente e non solo in Medio Oriente.
Qual è, invece, la preoccupazione principale dei democratici, di cui sopra, per le ormai imminenti elezioni europee? L’avanzata delle destre. Parafrasando la famosa battuta di un vecchio film del 1952, non a caso americano, “L’ultima minaccia”, si potrebbe rispondere a tali preoccupazioni semplicemente così: «È la democrazia, la democrazia, e voi non potete farci niente, niente!».