Il ministro ha osservato che la procedura dei test «è sotto la gestione e la responsabilità del Csm»

«Non c’è alcuna interferenza da parte dell’autorità politica o del governo» sulla magistratura. Il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, difende così la decisione di introdurre dal 2026 i test psico-attitudinali per i candidati e le candidate ad un posto nella magistratura. Che ha scatenato diverse polemiche. Nel difendere la scelta, il guardasigilli fa notare che la procedura dei test «è sotto la gestione e la responsabilità del Csm», aggiungendo che l’esame psico-attitudinale non è propriamente una novità, essendo previsto per altri ruoli: «È previsto per tutte le funzioni più importanti del paese, ma soprattutto è previsto per le forze dell’ordine. Il pubblico ministero è il capo della polizia giudiziaria che è sottoposta al test. Se sottoponiamo ai test chi obbedisce al comandante, è possibile non sottoporre a test chi ha la direzione della polizia giudiziaria?». L’obiettivo del governo è «creare una suggestione: che i magistrati hanno bisogno di un controllo psichico o psichiatrico, che i magistrati non sono equilibrati. È un messaggio simbolico per gettare ombra sulla magistratura», ha denunciato il presidente dell’Associazione nazionale magistrati, Giuseppe Santalucia, al “Corriere della Sera”. Ha contribuito ad alimentare il dibattito anche il procuratore di Napoli, Nicola Gratteri: «Se la politica ritiene che siano indispensabili e utili i test per i magistrati, io aggiungo: facciamoli per tutte le strutture apicali della Pubblica Amministrazione di questa nazione e quindi anche nei confronti dei politici, soprattutto quelli che hanno incarichi di responsabilità e di governo, regionali e comunali».