Lavoro: per la Gen Z meno centrale, i BB si sentono poco valorizzati

Uno studio presentato oggi alla Camera e che ha coinvolto oltre 18.000 lavoratori e lavoratrici del network delle aziende associate Valore D (prima associazione di imprese in Italia che dal 2009 promuove l’equilibrio di genere e una cultura inclusiva nelle organizzazioni e nel Paese) ed è andato a indagare la realtà delle 4 generazioni attualmente attive nel mercato del lavoro: Baby Boomers (BB), Gen X, Millennials e Gen Z restituendo un’eterogeneità di prospettive sul lavoro. Scopo del progetto, delineare sia “quanta” e “quale” diversità tra le generazioni è presente nelle imprese italiane sia ma anche comprendere le differenze e i punti di contatto tra le generazioni.
Le nuove generazioni (GenZ e Millenial) sono maggiormente multiculturali, più formate accademicamente e con più esperienze di studio e lavoro e all’estero rispetto alle generazioni più senior. Nonostante ciò, i giovani vivono una condizione di forte precarietà contrattuale e vulnerabilità rispetto alle generazioni BB e Gen X. I giovani entrano nel mondo del lavoro portando una prospettiva diversa, quella di coltivare altre dimensioni della vita personale, come la famiglia, gli amici e il tempo libero, perché, nella vita dei Gen Z, il lavoro perde centralità. Ma le donne, in delle Generazioni Z e Millennial, attribuiscono maggiore importanza al lavoro rispetto agli uomini. In generale, i giovani guardano ai congedi come driver importante e più riconoscimento della genitorialità. Copertura sanitaria e stabilità contrattuale sono in cima alla classifica dei driver più importanti per i più senior. Lo studio rileva anche una difficoltà nel gestire e valorizzare l’esperienza dei più senior e l’innovazione/competenze dei più junior e soprattutto di come farle interagire. In particolare, i Baby Boomer i sentono poco valorizzati ed esclusi dalla vita aziendale, nonostante persista la voglia di contribuire attivamente e di trasmettere il proprio know-how alle nuove generazioni. Pur mantenendo un certo grado di autorevolezza, tra i colleghi in molti si percepiscono in un limbo di prepensionamento – uno spreco di capitale umano, particolarmente tra coloro che hanno ancora diversi anni da trascorrere in azienda.