di Francesco Paolo Capone, Segretario Generale UGL

Oggi, martedì 12 marzo, si celebra la Giornata contro le violenze sugli operatori sanitari: è obbligatorio darle rilievo, ma, allo stesso tempo, evidenziare come la necessità di istituirla e di celebrarla ci parli di una sconfitta. Ci auguriamo, momentanea.
Non è retorico, in un’epoca segnata da centinaia di conflitti, sostenere che i numeri che definiscono il fenomeno siano simili a quelli di un bollettino di guerra. Per il ministro della Sanità, Orazio Schillaci, nel 2023 sono state oltre 16.000 le segnalazioni di aggressione, con episodi di violenza fisica e verbale anche contro le proprietà, ovvero auto (danneggiate), degli operatori sanitari. Le fasce d’età più colpite, quelle tra i 30-39 anni e tra i 50-59 anni, mentre a segnalare il maggior numero di aggressioni le professioniste e quella infermieristica la professione più colpita. Ciò significa, quanto meno, che esiste un clima di avversione se non verso il personale socio-sanitario, quanto meno verso il Servizio sanitario nazionale. Siamo di fronte ad un problema culturale e, persino, educativo, che coinvolge paradossalmente gli adulti.
Occorre, in tal senso, un impegno da parte dello Stato e di coloro che hanno ruoli apicali nei servizi pubblici – visto che il fenomeno delle aggressioni coinvolge anche gli operatori della Scuola e del Trasporto Pubblico Locale – ma soprattutto va rafforzato il Ssn, perché una delle cause principali delle aggressioni è, certamente, l’impossibilità in cui sono messi gli operatori stessi, ai tempi del Convid idolatrati, di fornire un servizio adeguato, in termini di efficacia ed efficienza, alle esigenze della popolazione.
Servono, quindi, da parte dello Stato azioni concrete, che passino per una valorizzazione del prezioso ruolo svolto, a vario titolo, da tutti i lavoratori del settore. Fondamentale anche l’atto di indirizzo 2024 del ministero della Salute, che, oltre a delineare le linee di indirizzo politiche per l’operato del ministero, declina i compiti in capo alle singole direzioni generali.
Siamo d’accordo sul fatto che il punto di partenza debba essere il rafforzamento del territorio, così come che si debbano potenziare le risorse finanziarie, umane, digitali, strumentali, strutturali e tecnologiche del Ssn, per fornire, come sostiene il ministero, un contributo tangibile al rafforzamento dell’assistenza sanitaria, troppo spesso asimmetrica a livello territoriale.
Tuttavia, è altrettanto chiaro che si è spezzato, sempre più profondamente, il rapporto tra cittadini e istituzioni, fenomeno che, ovviamente non giustifica e nemmeno spiega il ricorso alla violenza, segnale quest’ultimo di un disagio nella popolazione da approfondire e studiare. Rapporto che, nell’immediato, può essere recuperato attraverso quei media più seguiti dagli italiani che, secondo il Censis, sono ancora la Tv per il 96% degli italiani e internet, utilizzato dall’89,1%.