di Francesco Paolo Capone, Segretario Generale UGL

Peccato che non sia stato del tutto unanime. Il via libera alle missioni Aspides, per la difesa militare preventiva della navigazione nel Mar Rosso, e Levante, che prevede, sempre con il supporto delle forze armate, l’invio di aiuti alla popolazione di Gaza, è arrivato con una serie di votazioni e consensi bipartisan, ma con la posizione contraria di Avs. Tra i voti favorevoli alle missioni in Mar Rosso e verso la Striscia figurano quelli del M5S, sulla cui risoluzione il Governo si è espresso favorevolmente, così come ha fatto anche su impegni o premesse dei documenti depositati dalle altre forze di opposizione.
Il cosiddetto “campo largo”, che sembrava arrivare spaccato in Parlamento, si è ricomposto, ma si è perso nei distinguo dei «solo per difesa», «più diplomazia» e «serve una politica di difesa Ue». Un clamoroso errore per l’immagine dell’Italia, che avrebbe dovuto e potuto dimostrare maggiore compattezza. Si tratta, infatti, per motivi diversi, di due missioni – tre se si aggiunge anche quella in Ucraina – che, anche alla luce del maggiore peso acquisito a livello Ue dall’industria della difesa, hanno un valore altamente strategico e, allo stesso tempo, umanitario. Aspides, appunto, mira a «iniziative di presenza, sorveglianza e sicurezza nell’area del Mar Rosso, Golfo Persico e Oceano indiano nord-occidentale». Levante a «fronteggiare una potenziale escalation nel conflitto Israele-Hamas, inclusi interventi umanitari a favore della popolazione civile nell’area».
Subito dopo il voto, “le opposizioni” si sono sperticate a spiegare i loro distinguo, per non confondersi nel “sì” della maggioranza. Esercizi “di stile” che rivelano soltanto tutta la difficoltà di arrendersi alla straordinarietà del momento. Straordinarietà, che dura fin dalla pandemia.
Certo, quando si sta all’opposizione, il distinguo è doveroso, ma, in un quadro mondiale di instabilità e di riassetto geopolitico così conflittuale, la posizione di Avs, ad esempio, agitata per la mancanza di cibo a Rafah, è un’offesa anche all’intelligenza di coloro che hanno votato «sì» proprio per assicurare «interventi umanitari a favore della popolazione civile nell’area».
Quello che sta accadendo in Mar Rosso, con i continui attacchi Houti, rischia di colpire seriamente al cuore l’economia italiana e con essa i posti di lavoro e, per l’ennesima volta, le tasche dei cittadini. Come ha ricordato il ministro Tajani in Aula, le aziende italiane vivono di esportazioni, il 40% del Pil proviene dall’export e il 40% del commercio marittimo mondiale passa da Suez. Dunque, non c’è scampo e non si può restare con le mani in mano a guardare.
Difendersi non è soltanto l’opzione imprescindibile per le “anime belle”, ma un obbligo del governo, di qualunque colore esso sia. Tanto che alla fine lo ha dovuto dichiarare lo stesso Pd che per l’Italia tutte le missioni, compresa quella in Ucraina, sono di «interesse nazionale».