Valore medio di 1.500 euro; resta il grande nodo della poca diffusione nel Mezzogiorno

I contratti di produttività, sottoscritti nelle aziende e sul territorio dai sindacati con i datori di lavoro e le associazioni di categoria, continuano a crescere, sull’onda delle misure introdotte con la legge di bilancio 2023 e confermate anche per l’anno in corso, come chiesto dai rappresentanti di Cgil, Cisl, Uil e Ugl. Restano, comunque, alcuni nodi che impattano in maniera negativa, fin da quando è stata introdotta questa opportunità. L’agevolazione fiscale sui contratti di produttività rimanda, infatti, a quando era ministro del lavoro Maurizio Sacconi. Dopo di lui, lo strumento è stato integrato con il governo Monti, mentre ha conosciuto un rallentamento con l’esecutivo Renzi. Il dato aggiornato ci porta a quasi 10mila accordi, oltre 2.200 in più rispetto allo scorso periodo dello scorso anno, per una platea di oltre tre milioni di addetti. Anche se i contratti aziendali sono predominanti (8.258 quelli attivi), una forte spinta sta arrivando dagli accordi territoriali, in aumento del 128%. Il vero scoglio rimane sempre quello della difforme distribuzione territoriale, con il 73% degli accordi localizzato nel Nord, con la Lombardia fortemente trainante, il 17% nel Centro e appena il 10% nel Sud, Isole comprese. Considerando che il valore medio apporta un incremento reddituale che sfiora i 1.500 euro, si comprende quanto possa pesare la mancata sottoscrizione degli accordi nel Mezzogiorno.