Italia, alla ricerca della sua indipendenza. Circa il 78% sono fonti fossili, più gas e poi petrolio, carbone preponderante. Le rinnovabili sono il 3%, l’idroelettrico al 10%. Per A2A possiamo arrivare al 59% autonomia. Ma…

Molte le riflessioni emerse oggi dal convegno “Indipendenza energetica dal 2050, come riuscirci”, organizzato da FI alla Camera. Nel 2050 uno degli obiettivi scelti dall’Ue in materia di energia e clima sono le emissioni nette pari a zero. Serve dunque «progettare una strategia che ci permetta di pagare sempre meno le fonti energetiche», ha detto il ministro degli Esteri, Antonio Tajani aprendo i lavori del convegno. «Senza energia muoriamo. Dobbiamo avere il coraggio di dire quello che pensiamo. Dobbiamo essere molto più aperti perché non abbiamo energia nostra. Quindi, nucleare sì, rinnovabili sì, ma i biocarburanti restano ancora appesi». Così l’ad di Eni, Claudio Descalzi. «Per fare un piano di sicurezza energetica bisogna fare i conti con i consumi – ha proseguito – e su qual è la domanda, e poi pensare al futuro». Bisogna sapere che «l’Italia ad oggi in campo energetico ha quasi il 78% di fonti fossili, per primo il gas e il petrolio, con il carbone preponderante. Le fonti rinnovabili sono solo il 3%, l’idroelettrico è al 10%». Bisogna spingere sulle rinnovabili? Sì, ma «non so se ci danno indipendenza, ci sono componenti critiche molto concentrate e che sono in mano alla Cina». Quanto all’indipendenza energetica, «al mondo nessuno è indipendente. Solo gli Usa, un grande mercato, hanno energia e attitudine corretta per non dire no a qualsiasi cosa». Quindi? Occorre, prima di tutto, sfatare convinzioni errate. «Veniamo da un periodo di demonizzazione del gas naturale a livello europeo, una narrativa estrema: elettrificazione totale dei consumi, abbandono delle fonti fossili, no al nucleare. Una narrativa che però si è scontrata con una realtà molto diversa», «abbiamo imparato che il gas è ancora una fonte strategica nel mix non solo del nostro Paese, ma anche a livello europeo», ha sottolineato l’ad Italgas Reti, Pier Lorenzo Dell’Orco, per il quale non c’è «solo gas naturale ma un mix con anche gas rinnovabili (bio metano, idrogeno, gas sintetico), che consentano di sfruttare le reti e le infrastrutture capillarmente presenti in tutta Europa proficuamente per dare un contributo alla transizione energetica». Sapevate che «l’Italia è l’unico Paese dove si incrociano le 4 grandi rotte europee del gas»? Lo ha detto Claudio Farina, Chief Strategy & Technology Officer di Snam. Allora ciò che serve è una pianificazione europea, ma senza “paletti” ideologici.