di Francesco Paolo Capone, Segretario Generale UGL
Desta preoccupazione il protagonismo crescente del Presidente francese Emmanuel Macron sulla delicata questione della guerra russo-ucraina. La dichiarazione sulla possibilità di inviare truppe dei Paesi Nato a Kiev, esternata nell’ambito del vertice di Parigi sull’Ucraina tenutosi lunedì scorso, ha, infatti, generato scalpore in tutto il mondo. A partire, naturalmente, dalla Russia, che, per voce di Dmitry Peskov, ha subito risposto che, nel caso in cui ciò accadesse, un conflitto militare diretto tra la Nato e la Russia diventerebbe «inevitabile». L’uscita avventata di Macron ha creato scompiglio, però, anche tra gli alleati occidentali, iniziando dalla Casa Bianca, che si è affrettata a ribadire di non avere alcuna intenzione di inviare truppe Usa a combattere sul campo. Una posizione simile a quella americana quella espressa dal segretario generale della Nato Stoltenberg, che ha sottolineato come siano cose ben differenti il sostegno, confermato, all’Ucraina, rispetto all’invio di truppe. Dello stesso avviso più o meno tutti gli altri Stati occidentali, a partire da Germania ed Italia. Il Ministro degli Esteri Tajani ha chiarito come si sia trattato solo di «un’idea di Macron», mentre «quando si parla di inviare truppe bisogna essere molto prudenti», ricordando che non c’è un conflitto in atto fra Nato e Russia, ma solo un sostegno all’Ucraina e che il nostro Paese resta fermamente contrario all’invio di truppe a Kiev. Dopo un simile terremoto diplomatico, su un tema così delicato e rischioso, ieri sono arrivate le precisazioni dell’Eliseo, con chiarimenti sul fatto che il Presidente francese in realtà intendesse non l’invio di soldati, ma di sminatori, istruttori e tecnici a supporto dell’esercito ucraino. A fronte di quanto accaduto, è impossibile non domandarsi il perché di dichiarazioni tanto azzardate da parte di Macron su questioni che richiederebbero particolare accortezza ed un confronto preventivo con gli alleati, soprattutto con quelli parte non solo della Nato, ma anche dell’Unione europea, che, sulla guerra in Ucraina, dovrebbe parlare con una sola voce. Un atteggiamento pericoloso, verificatosi, fra l’altro, all’indomani di decisioni criticabili da parte dello stesso inquilino dell’Eliseo. Come quella di non partecipare al primo G7 a guida italiana, che si teneva simbolicamente proprio a Kiev, a causa di «affari interni» che ne avrebbero impedito l’allontanamento dalla Francia, e poi di organizzare, per il giorno seguente, una sorta di contro-vertice a Parigi sempre sull’Ucraina. L’auspicio è che non ci siano motivazioni di tipo politico, né legate alle prossime europee, alla base di simili decisioni. Il tema del confronto con la Russia resta troppo importante, date le conseguenze sulle popolazioni di una escalation da evitare con tutte le forze, per poter diventare oggetto di campagna elettorale.