di Francesco Paolo Capone, Segretario Generale UGL

«Ogni cittadino è libero di uscire dal territorio della Repubblica e di rientrarvi, salvo gli obblighi di legge». Così all’articolo 16 della nostra Costituzione, quello sul diritto alla mobilità, che deve essere garantito all’interno come anche all’esterno del territorio nazionale. Eppure, passando dalla teoria alla pratica, le cose si complicano. Un cittadino italiano che voglia raggiungere una meta al di fuori dei confini dell’Ue, escludendo i pochi Stati con i quali ci sono accordi particolari, deve, infatti, essere munito di passaporto, ma ottenere questo documento non è affatto semplice. Fare o rinnovare un passaporto è una vera e propria impresa, con tempi di attesa lunghissimi, che in media oscillano tra i quattro e gli otto mesi e in alcuni casi arrivano fino ad un anno. Per non parlare poi dei costi, pari a 116 euro. Una situazione ben peggiore rispetto a quella di altri Stati europei, sia in merito ai tempi che al prezzo, altrove molto più contenuto. Di questo problema stanno parlando sempre più testate giornalistiche, dall’odissea personale raccontata dal direttore di Panorama e di La Verità, Maurizio Belpietro, all’articolo di oggi su Fanpage. Le cause di queste lungaggini sono diverse. Gli strascichi del periodo della pandemia, le conseguenze della Brexit, l’annoso problema della carenza di personale nelle questure. Le sempre maggiori esigenze alle quali occorre rispondere nella società attuale, basti pensare ai documenti necessari ai cittadini stranieri che vivono in Italia. A onor del vero, c’è anche da dire che il passaporto, rispetto ad altri, è un documento particolare che richiede alle Forze dell’Ordine verifiche attente ed approfondite, onde evitare, ad esempio, la fuga di persone con pendenze con la giustizia e particolare prudenza in caso di minorenni con situazioni familiari complesse. Ci sono, poi, anche delle procedure accelerate per le urgenze. Resta, però, notevole il disagio per i cittadini, un disagio che in tempi di digitalizzazione andrebbe necessariamente ridotto, utilizzando in modo più efficace le nuove tecnologie, sia nel rapporto con gli utenti, limitando al minimo indispensabile la necessità di recarsi personalmente nelle questure, sia nell’ambito del coordinamento delle informazioni fra i vari Enti pubblici per consentire controlli e verifiche in tempo reale, rendendo così la situazione più agevole ed i tempi più rapidi. Ed anche intervenendo sul fronte del costo, perché parliamo di un diritto, quello alla mobilità, costituzionalmente garantito e che quindi dovrebbe essere alla portata di tutti. Un problema, quindi, di modernizzazione, efficientamento e democratizzazione di un servizio che va risolto quanto prima, anche nell’ambito delle riforme realizzabili tramite il Pnrr, che si occupa, fra le altre cose, di digitalizzazione della Pubblica Amministrazione.