Muore in carcere un prigioniero politico in Bielorussia

La Russia respinge le richieste di un’indagine internazionale sulla morte di Alexei Navalny, specialmente se provenienti dall’Alto rappresentante dell’Unione europea per gli affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell. A illustrare la posizione di Mosca è stato il portavoce del Cremlino, Dmitri Peskov, il quale ha definito «accuse assolutamente infondate e rozze» le parole di Yulia Navalnaya, vedova del dissidente russo, che in un video aveva indicato proprio Putin quale artefice della morte di suo marito. Alle accuse di Navalnaya, si associano quelle di un altro oppositore russo: Ilya Yashin. Quest’ultimo, dal carcere, ha sostenuto che Navalny è morto da eroe e ha promesso di continuare la lotta nonostante i rischi personali di cui si dice consapevole. «Sono dietro le sbarre, la mia vita è nelle mani di Putin, ed è in pericolo. Ma manterrò la mia linea», ha affermato in un messaggio diffuso sui social media. «Fino a quando il cuore batterà nel mio petto – ha poi concluso –, combatterò la tirannia». Yashin sta scontando una pena per «false informazioni» sulle forze armate russe, sulla base di una legge approvata nel 2022 che ha portato alla condanna di numerosi critici dell’intervento armato in Ucraina. Nella giornata di oggi la madre di Navalny ha rivolto un nuovo appello a Putin: «Chiedo che il corpo di Alexei venga immediatamente consegnato in modo che io possa seppellirlo umanamente». Nel frattempo, in Bielorussia, si registra la morte in detenzione di Ihar Lednik, 64 anni, attivista anti-regime, condannato per diffamazione contro il presidente bielorusso, Alexander Lukashenko. Lednik era stato membro del Partito socialdemocratico bielorusso, arrestato nel 2022.