di Francesco Paolo Capone, Segretario Generale UGL

Tra i tanti problemi annosi del nostro Paese, c’è quello delle carceri ed in particolare del loro sovraffollamento, che mina la dignità dei detenuti, il mantenimento dell’ordine negli istituti di pena ed anche la sicurezza dei lavoratori della polizia penitenziaria e degli altri operatori carcerari. Oggi Avvenire ci ricorda che sono già venti i detenuti che si sono tolti la vita dall’inizio dell’anno, un numero impressionante che potrebbe, se la tendenza continuerà per tutto il 2024, far superare il triste primato dello scorso anno, con 69 suicidi. Bisogna agire per cambiare questa situazione, garantendo sicurezza alla cittadinanza e certezza della pena, ma anche trasformando, a partire dal contrasto al sovraffollamento, condizioni di detenzione dignitose ed adeguate alla riabilitazione sociale dei condannati. Un punto di partenza per cercare di risolvere questo problema può trovarsi nell’analisi sulla presenza di detenuti stranieri in Italia. Su un totale di circa 57mila carcerati, 18mila sono stranieri. Più o meno uno su tre. Una gran parte di nazionalità marocchina, 3mila e settecento circa, corrispondenti al 21% del totale dei detenuti stranieri. Al secondo posto in questa poco lusinghiera classifica i prigionieri romeni, che con 2mila presenze nelle carceri rappresentano l’11,3%, al terzo posto gli albanesi, col 10,4%, al quarto i tunisini con il 10,1%, poi, via via, le altre nazionalità. Un modo per agire in senso positivo consiste nella stipula di intese con i Paesi di origine affinché queste persone scontino la pena nelle carceri degli Stati di provenienza, a nostra volta rimpatriando i detenuti italiani che si trovano reclusi in quegli Stati. Il Governo si sta muovendo in questa direzione con la sottoscrizione di accordi, finora soprattutto con i Paesi europei. Come quello firmato lo scorso dicembre dal Ministro della Giustizia Nordio e dal suo omologo albanese Manja, per il quale ora si sta lavorando all’attuazione operativa, finalizzato al trasferimento nelle carceri del Paese d’origine dei detenuti albanesi presenti negli istituti di pena italiani, «Un accordo – come detto dal sottosegretario alla Giustizia Ostellari – che consentirà di ridurre le spese per il mantenimento e combattere il sovraffollamento delle case di pena senza inutili svuota carceri». Di ieri, poi, una simile intesa tra Roma e Bucarest, come dichiarato dal nostro Primo ministro Meloni e da quello rumeno Ciolacu, con un rimpatrio previsto per «i detenuti condannati in via definitiva nei rispettivi Paesi, affinché eseguano la pena nei loro Paesi di origine». Un accordo che potrebbe consentire, forse, anche di sbloccare la situazione di Filippo Mosca, l’italiano detenuto in Romania dopo una condanna, però in primo grado, per traffico di stupefacenti. Accordi utili, quindi, da concretizzare il prima possibile ed estendere anche ad altri Paesi.