Il rapporto del procuratore che imbarazza Biden
Due reazioni diverse, in definitiva il riassunto delle due visioni di America che si scontreranno, quasi certamente, a novembre. Da una parte l’ex presidente, Donald Trump; dall’altro l’attuale inquilino della Casa Bianca, Joe Biden. Con il primo che, dopo che il procuratore speciale Robert Hur ha scritto nel suo rapporto che non ci sono rilievi penali in relazione ai documenti riservati conservati al termine del mandato come vicepresidente di Obama, ha attaccato il rivale: «Questo caso ha dimostrato che il sistema giudiziario ha un doppio standard e i processi contro di me sono selettivi e incostituzionali. Il caso di Biden è cento volte diverso e più grave del mio». «Il procuratore speciale – è invece la versione del presidente in carica – ha concluso che io non ho commesso nessun crimine con le carte classificate. Ho collaborato con la giustizia, deponendo per cinque ore in due giorni, l’8 e il 9 ottobre, all’indomani dell’attacco di Hamas contro Israele, quindi nel bel mezzo di una crisi internazionale Trump al contrario ha mentito e non ha collaborato». Il rapporto, tuttavia, è stato motivo di profondo imbarazzo per Biden, che lo descrive come «un anziano con buone intenzioni e scarsa memoria», motivo che ha spinto il presidente a rispondere aspramente a tali considerazioni. Intanto, da quanto i media statunitensi hanno potuto apprendere nelle ultime ore, la Corte Suprema sarebbe orientata a respingere le argomentazioni sull’ineleggibilità di Trump avanzate dalla Corte Suprema del Colorado, che lo aveva squalificato dalle primarie. Ieri si è tenuta l’udienza sul caso, i giudici della Corte saranno chiamati a pronunciarsi a breve.