di Francesco Paolo Capone, Segretario Generale UGL

La notizia dell’ennesima aggressione ai danni di un operatore sanitario, stavolta si tratta di un’infermiera dell’ospedale Fazzi di Lecce, riporta alla ribalta la questione della spirale di violenza contro i lavoratori della Sanità, una violenza che va necessariamente fermata. Sul tema è in corso anche un’indagine conoscitiva presso la Commissione affari sociali della Camera, alla quale l’Ugl ha preso parte per formulare osservazioni e proposte. Il fenomeno, annoso ed in peggioramento, delle aggressioni nei confronti del personale medico e infermieristico, anche se naturalmente non giustificabile, è connesso alle carenze del sistema della medicina dell’emergenza-urgenza e dei pronto soccorso in Italia. Un primo passo per arginare le violenze e per garantire un sistema migliore, a cittadini e operatori sanitari, consiste nell’adeguamento ed ammodernamento delle strutture. Nella Legge di bilancio 2024 c’è un intervento in tal senso, nella norma che indirizza parte delle risorse Inail verso questo obiettivo, una misura positiva, nel segno delle richieste che il sindacato ha più volte avanzato e che si spera ora possa trovare piena attuazione. Il secondo problema da risolvere è quello della carenza di personale medico e infermieristico, che ha fra le sue cause il blocco del turn over, gli oggettivi errori di programmazione sul versante della formazione universitaria, i ritardati rinnovi dei contratti collettivi, che hanno prodotto un peggioramento del potere d’acquisto di tutte le categorie interessate, con la conseguenza che parte del personale che si poteva assumere ha preferito andare a lavorare all’estero, ed, infine, anche l’eccessivo ricorso alle esternalizzazioni. In aggiunta, una terza criticità, vale a dire lo scarso collegamento fra i medici di base e le strutture di emergenza-urgenza, che contribuisce a peggiorare ulteriormente il quadro, causando il sovraccarico dei pronto soccorso, mentre larga parte degli accessi ai Ps, si pensi al settore pediatrico, si potrebbero evitare attraverso un maggiore e migliore coinvolgimento della medicina di base. Allo stesso modo, le persone con specifiche fragilità, come anziani, persone con disabilità, indigenti, ricorrono con maggiore frequenza al sistema dell’emergenza-urgenza, date le carenze di servizi adeguati di assistenza. Occorrerebbe, poi, una migliore e più capillare educazione sanitaria alla prevenzione ed alla gestione dei casi critici, una formazione che dovrebbe partire dai luoghi di aggregazione, dalle scuole ai centri anziani, con il contributo attivo dei medici di base. Infine, resta fondamentale garantire la sicurezza dei luoghi di lavoro, anche con il contributo delle forze dell’ordine, prevedendo, fra le altre cose, una diversa strutturazione degli spazi, così da delimitare le aree riservate ai pazienti e quelle destinate agli accompagnatori. Ora il Pnrr può rappresentare un momento di svolta per colmare le croniche lacune del sistema, data la mole delle risorse messe in campo, purché la sua attuazione sia accompagnata da un attento monitoraggio.