L’Inps aggiorna i valori di riferimento; pesa molto il mancato accordo sindacale

Dopo aver aggiornato le varie voci che rimanda alla previdenza e all’assistenza, l’Inps, con il messaggio 531 del 7 febbraio, adegua anche i valori del contributo che i datori di lavoro che licenziano sono tenuti a versare, in aggiunta alla ordinaria contribuzione per la disoccupazione involontaria. Con la riforma Fornero del lavoro del 2012, anche se la misura è entrata in vigore l’anno successivo dopo una modifica apportata dalla legge 228/2012, per scoraggiare i licenziamenti di lavoratori a tempo indeterminato è stato introdotto un contributo, variabile in ragione della durata del rapporto di lavoro (si tiene conto di una anzianità massima di 36 mesi), del numero di lavoratori coinvolti (licenziamento individuale o collettivo) e del raggiungimento o meno di un accordo sindacale. Il riferimento per il calcolo di tale contributo è dato dal 41% del massimale Naspi, fissato in 1.550,42 euro per il 2024, circa 80 euro in più rispetto allo scorso anno. Alcuni esempi per chiarire: in caso di licenziamento individuale di persona assunta un mese prima, l’importo è di 52.97 euro, mentre ogni anno vale 635,67 euro. Tali valori si triplicano per impresa senza Cigs e senza accordo sindacale (da 158,91 a 5.720,76 euro); si raddoppiano per impresa con Cigs e con accordo sindacale (da 105,94 a 3.813,84); si moltiplicano per sei in caso di impresa con Cigs e senza accordo sindacale (da 317,82 a 11.441,52 euro).