di Francesco Paolo Capone, Segretario Generale UGL

L’Istat certifica un dato sul quale riflettere, di cui si parla oggi sul Sole 24 Ore. Nel contesto di un’occupazione record pari a 23,7 milioni, non sono mai stati così tanti i lavoratori over-50. Sono cresciuti in un anno, tra il 2022 ed il 2023, di 362mila unità, percentualmente del 3,3%. Insomma, sul totale di 456mila occupati in più, la parte del leone la fanno i lavoratori in là con gli anni, con un aumento complessivo dell’occupazione dovuto, quindi, più alle minori uscite, che alle maggiori entrate nel mondo del lavoro. La demografia italiana, caratterizzata da un basso numero di nascite e da un’aspettativa di vita alta, ha determinato un aumento dell’età media della popolazione complessiva, che si riflette anche sull’occupazione. È in atto, infatti, un calo costante del numero di persone in età lavorativa, compresi, quindi, disoccupati e inattivi, che è passato dai 39milioni del 2011 agli attuali 37 milioni. Anche fra gli occupati, ovvero quei 23,7 milioni che lavorano sul totale dei 37 milioni di italiani tra i 15 e 65 anni, si riflette questa tendenza. Oltre che di meno, i lavoratori sono anche più anziani, con un’età media ora pari a 43,6 anni. In sintesi, non c’è ricambio perché ogni anno la classe dei quindicenni è più esigua di quella dei sessantacinquenni. Poi ci sono gli effetti del sistema pensionistico, che, con la Fornero soprattutto, ha allontanato negli anni l’età pensionabile, ed infine il “mismatching” di competenze. Cioè la difficoltà delle imprese a trovare persone con le qualifiche necessarie e quindi la tendenza a trattenere il più possibile i dipendenti più anziani in possesso delle competenze richieste. Questa situazione comporta degli effetti problematici, innanzitutto dal punto di vista della tenuta del welfare, dalla sanità alla stessa previdenza. Bisogna aumentare il tasso di occupazione dei giovani facendo in modo di riuscire ad introdurli nel mondo del lavoro con occupazioni stabili. Non solo per la loro personale inclusione sociale e sicurezza economica, per l’aumento dei consumi interni e per gli effetti benefici sull’economia, ma anche perché in tal modo possano partecipare, attraverso il pagamento di tasse e contributi, alla tenuta del sistema. E per far questo, occorre puntare sulla formazione. Ma, ferma restando la necessità di una maggiore e migliore inclusione dei giovani nel mondo del lavoro, la tendenza relativa all’invecchiamento progressivo degli occupati è, senza inversioni di rotta nella denatalità, prevedibilmente destinata ad essere strutturale. Per questo occorre anche una riflessione sull’organizzazione stessa del lavoro, per adattarla ad una platea di lavoratori sempre più anziana, anche per evitare, come purtroppo la cronaca ci conferma, ripercussioni sul fronte della salute e sicurezza, ed in questo anche le nuove tecnologie potrebbero essere d’aiuto.