I leader del centrodestra hanno trovato un accordo: in caso di sfiducia si torna alle urne. Soddisfatta Meloni: «Se passerà la riforma, sono gli italiani che devono scegliere da chi farsi governare»

Intesa raggiunta. I leader del centrodestra sono d’accordo sulla riformulazione dell’emendamento all’articolo 4 del disegno di legge che punta ad introdurre il premierato (nel dettaglio, l’articolo 4 contiene la cosiddetta norma anti-ribaltone). Secondo la nuova versione, se il presidente del Consiglio viene sfiduciato, «mediante mozione motivata, il presidente della Repubblica scioglie le Camere». Se invece si dimette volontariamente e «previa informativa parlamentare», una novità non prevista nella precedente stesura, il premier «può proporre, entro sette giorni, lo scioglimento delle Camere al presidente della Repubblica, che lo dispone». Il testo prevede anche altro, stabilendo che il premier “di riserva” possa subentrare soltanto in casi eccezionali – morte, impedimento permanente, decadenza –, con una sola possibilità di dare vita a un nuovo governo. «Per quello che riguarda la maggioranza sono molto contenta che, lavorando», si sia arrivati «a una formulazione della norma più chiara e che ribadisce un fatto semplice: se passerà la riforma, sono gli italiani che devono scegliere da chi farsi governare», ha detto il presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, commentando, nel corso di un punto stampa a Tokyo, in Giappone, le novità sull’iter della riforma, definita «in assoluto la madre di tutte le riforme». Oggi sono scaduti anche i termini per presentare gli emendamenti al testo, atteso in settimana in Aula al Senato. I partiti, che animano l’opposizione, hanno adottato due strategie diametralmente opposte: il Partito democratico ha presentato 817 emendamenti, perlopiù soppressivi e ostruzionisti, ma anche «una decina qualificanti che delineano una proposta alternativa che guarda al modello tedesco, con sfiducia costruttiva, Parlamento in seduta comune e innalzamento dei quorum di garanzia, per evitare che la maggioranza pro tempore si scelga da sola le figure di garanzia», ha anticipato il capogruppo del Pd in commissione Affari costituzionali, Andrea Giorgis, chiedendo alle forze di maggioranza di ritirare l’elezione diretta e «aprire un confronto vero». Il Movimento 5 stelle ne ha presentati molti meno, 12, tutti soppressivi e sostitutivi. C’è poi il caso, in controtendenza, di Italia Viva: il leader Matteo Renzi ha già annunciato che voterà a favore della riforma.