L’inflazione che colpisce due volte, dalle famiglie italiane all’Eurozona

Due notizie preoccupanti nel giro di 24 ore. Da una nota Istat-Bankitalia, di ieri, sappiamo che nel 2022 la ricchezza netta delle famiglie italiane si è ridotta, mentre oggi, da una stima flash di Eurostat, che nel quarto trimestre del 2023 il Pil è rimasto stabile (0%) nell’Eurozona e nell’Ue nel suo complesso, registrando una crescita zero rispetto al trimestre precedente. Ciò vuol dire che l’Eurozona ha schivato la recessione, ma si trova in stagnazione, condizione che si instaura quando produzione e reddito restano immobili, senza aumentare né diminuire. A influire, sulla stagnazione è soprattutto la Germania, ex locomotiva d’Europa, che, dopo i primi tre trimestri a crescita zero, si ritrova con Pil in diminuzione nell’ultimo trimestre del 2023. Anche l’inflazione ha giocato un ruolo molto importante sia in modo diretto sia indiretto. Nel senso che sia il suo alto tasso sia le politiche scelte dalle Banche centrali per contrastarlo hanno indebolito famiglie e imprese.
Tornando, infatti, alla ricchezza netta delle famiglie italiane, in rapporto al reddito lordo disponibile, si è ridotta, già nel 2021 – anno in cui l’impennata dell’inflazione ha iniziato la sua corsa dai beni energetici – si è contratta come in altri Paesi, ma solo in Italia è tornata al livello del 2005 e cioè 8,1 volte il reddito disponibile (era a 8,7 a fine 2021), registrando così il peggior regresso. Misurata in rapporto alla popolazione, la ricchezza netta delle famiglie a fine del 2022 in Italia era pari a 176 mila euro, il valore più basso nel confronto internazionale, a eccezione della Spagna, per la quale però l’ultimo dato disponibile si riferisce al 2021.
Numeri allarmanti, dovuti anche alla forte pressione inflazionistica, che, per essere arginati, richiedono in Italia un taglio del cuneo fiscale, come già disposto con la Legge di Bilancio, strutturale al fine di rafforzare il potere di acquisto dei lavoratori e rilanciare i consumi delle famiglie, minacciati sia dall’aumento dell’inflazione sia dall’alto costo del denaro. Ma serve, allo stesso tempo, una riforma fiscale orientata a alleggerire il peso della tassazione sulle famiglie e rilanciare la crescita, a fronte di un 2024 che si presenta, nelle previsioni, insidioso e debole in termini di crescita.