Il governo assicura che nel corso del 2024 si riscriverà il sistema pensionistico nel nome di Quota 41
di Francesco Paolo Capone, Segretario Generale Ugl

Un difficile compito, quello di trovare un equilibrio soddisfacente fra esigenze di bilancio e necessità non solo sociali, ma anche economiche. Eppure un compito necessario al Paese, che attende una riforma del sistema previdenziale in grado di dare ai lavoratori delle certezze sul proprio futuro, superando finalmente in modo definitivo quella visione sulla quale era stata improntata la legge Fornero, basata su un’austerità non solo iniqua, ma anche controproducente. Perché, lo diciamo da sempre, una riforma delle pensioni equa e nel segno della flessibilità in uscita non ha solo l’effetto positivo di garantire ai lavoratori il diritto a ritirarsi dalla vita attiva, ma anche alle imprese quello di rinnovare il proprio personale e ai giovani e meno giovani la possibilità di accedere a posti di lavoro stabili, sbloccando il turn-over generazionale. Condividendo l’impianto generale della manovra, che l’Ugl ha giudicato dal forte impatto sociale, abbiamo sottolineato più volte l’esigenza di fare uno sforzo maggiore sul fronte delle pensioni, pur comprendendo la difficile situazione complessiva nell’ambito della quale è stata predisposta la legge di Bilancio. In particolare ribadendo la nostra proposta di una riforma previdenziale fondata su Quota 41. Ed ora arrivano rassicurazioni in questo senso dal governo. Il sottosegretario al Lavoro, Claudio Durigon, in un’intervista a La Repubblica, ha, infatti, affermato che questo sarà l’anno chiave per arrivare ad una riforma del sistema previdenziale che, come riferisce l’ex sindacalista, porterà all’abolizione della legge Fornero in favore di una normativa che incentiverà a restare al lavoro nei settori in cui c’è bisogno da un lato e favorirà, dall’altro, l’uscita con 41 anni di contributi. Una riforma che viene descritta come «sostenibile per i conti e per il mercato del lavoro, flessibile e duratura», con l’intenzione di disegnare norme che saranno valide per un decennio al fine di fornire un orizzonte stabile di condizioni di uscita ai lavoratori prossimi alla pensione. Certo, un onere finanziario significativo, ma destinato a ridursi progressivamente dato il numero sempre minore di pensioni retributive, che renderà quindi via via più semplice e meno penalizzante il meccanismo, che comunque sarà basato su una quota minima di versamenti di 41 anni. Un impegno importante da parte del governo, verso una strada giusta. E l’Ugl nella fase di scrittura della riforma farà la propria parte.

Mismatch
Una parola chiave anche quando si parla di pensioni, come ha ricordato lo stesso sottosegretario. Questa è attualmente la vera urgenza, il vero gap da colmare per garantire alle nuove generazioni un lavoro adeguato e quindi, nel futuro, una pensione soddisfacente. Mismatch, ovvero la questione relativa ai settori che avrebbero bisogno di assumere, ma nei quali c’è carenza di manodopera, perché non si trovano nell’attuale mercato del lavoro le professionalità necessarie. Una sfida da vincere nel mondo dell’istruzione e della formazione, per offrire un futuro migliore ai giovani e prospettive di crescita al Paese.