di Francesco Paolo Capone, Segretario Generale Ugl

Dopo il recente caso che ha coinvolto Chiara Ferragni, si cambia, con una prima stretta sugli influencer. Si sta comprendendo, infatti, che la creazione e diffusione di contenuti online a livello professionale è una vera e propria attività imprenditoriale, da regolamentare meglio a tutela dei consumatori. Gli influencer sono una categoria relativamente nuova di intrattenitori presenti sui social network che, in modi diversi e con tipi differenti di messaggi, hanno un vasto seguito, così da essere in grado di influire sui comportamenti e sulle scelte di una fascia rilevante di pubblico, diventando veri e propri «opinion leader». Alcuni sono personaggi già famosi, provenienti per lo più dal mondo dello spettacolo o del giornalismo, la gran parte, invece, sono volti nuovi, emersi nella rete grazie ad un particolare carisma apprezzato da una fetta degli utenti. Tutti accomunati dall’aver reso la propria presenza sui social non un diversivo, come per la maggior parte di noi, ma un vero e proprio lavoro, in alcuni casi molto redditizio. Ma come si viene pagati per essere degli influencer? Le entrate provenienti direttamente dai social, sulla base del numero di follower e visualizzazioni, sono solo la minima parte del tutto. Poi, grazie alla fama ed all’autorità acquisita presso il proprio seguito di fan, si ottengono rimborsi per condividere post sponsorizzati, per pubblicizzare prodotti di aziende varie, o anche si realizzano proventi derivanti dalla vendita di beni e servizi con il proprio marchio. Un settore economico ancora poco regolato. Così l’Agcom, a seguito di riflessioni anche precedenti allo scandalo Ferragni, ha approvato all’unanimità delle linee guida rivolte agli influencer in base alle quali i grandi “creatori di contenuti”, ovvero quelli con più di un milione di seguaci, dovranno rispettare le disposizioni del Testo Unico dei servizi di media audiovisivi. Le regole per contrastare la pubblicità occulta, già vigenti sugli altri media, ora varranno anche per loro. Andrà dichiarata e contrassegnata in modo immediatamente riconoscibile la natura pubblicitaria di un contenuto, pena multe da 10 a 250mila euro. Altre norme riguardano la tutela dei diritti fondamentali della persona, dei minori e dei valori dello sport, «prevedendo un meccanismo di richiami e ordini volti alla rimozione o all’adeguamento dei contenuti considerati inappropriati». Regole sperimentali e rivolte, per ora, solo agli influencer con grande seguito, ma che, secondo il presidente dell’Agcom, Giacomo Lasorella, dovrebbero essere adottate da tutti con «il buon senso di seguire la strada virtuosa che noi indicheremo con sempre maggiore chiarezza anche aprendo un tavolo tecnico». Un primo passo per regolamentare un settore che sta acquistando sempre più peso, non solo economico, ma anche politico. E forse anche su quest’ultimo punto, come avvenne a suo tempo per la televisione, andrebbero fatte delle riflessioni ed introdotte regole più incisive a tutela della democrazia e del pluralismo.