di Francesco Paolo Capone, Segretario Generale

Da quando a Palazzo Chigi siede il governo Meloni e in Parlamento esiste una solida maggioranza di centrodestra, le opposizioni non hanno mai smesso di ricorrere al solito vecchio armamentario ideologico per demonizzare l’avversario. Certo, non sono più i tempi dell’era Berlusconi, ma si continuano ad utilizzare espressioni come «censura», «Minculpop», «propaganda fascista» per criticare, ad esempio, la riforma dell’editoria alla quale Fratelli d’Italia sta lavorando e mirata, come spiegato dall’esponente del partito, Federico Mollicone, a tutelare la credibilità delle fonti, a combattere le fake news. Certo, si può essere d’accordo o meno con l’idea di una certificazione delle notizie, ma arrivare a parlare di censura è tutta un’altra faccenda.
Finisce in un’interrogazione parlamentare, il video che riprende le braccia tese di militanti di destra davanti all’ex sede del Msi in via Acca Larentia a Roma, nel quartiere Tuscolano, in occasione della commemorazione dell’uccisione, per molti mai dimenticata, dei tre attivisti del Fronte della gioventù avvenuta il 7 gennaio 1978. Nessuno ha mai pagato per la morte di Franco Bigonzetti, Francesco Ciavatta e Stefano Recchioni, ai quali ieri, tuttavia e non a caso, hanno reso omaggio anche gli esponenti della Regione Lazio e del Comune di Roma, accusati poi di non essersi dissociati dai saluti romani esibiti durante la medesima commemorazione. Quando in realtà si tratta di due commemorazioni diverse. Facendo così finta anche di non sapere che qualsiasi tipo di militanza, di destra o di sinistra che sia, si nutre di una ritualità e un simbolismo, ai quali nessun militante sa o può rinunciare, proprio «per non dimenticare».
Le accuse per le commemorazioni di Acca Larentia vanno dall’apologia di fascismo per i militanti, alla complicità per tutti coloro che non hanno condannato l’uso del saluto romano (avvenuto in un altro momento), fino ad invocare lo scioglimento delle eventuali organizzazioni neofasciste e l’intervento del ministro dell’Interno al solo scopo, evidentemente, di creare scompiglio, divisioni, difficoltà nella maggioranza di centrodestra. Insomma, in politica, tutto fa brodo. Almeno per alcuni.
Si arriva, infine, all’assurdo, se non addirittura al ridicolo: l’ex ministro del Lavoro dem, Andrea Orlando, nei giorni scorsi ha annunciato che, in assenza di risposte dal Governo sulla cassa integrazione dei lavoratori dell’ex Ilva, farà un esposto alla Procura della Repubblica. Sì, proprio lui che ha fatto parte e con una competenza diretta nella vertenza, di quei governi che hanno lasciato carta bianca, per non dire mano libera, alla multinazionale che sta portando sull’orlo della chiusura la seconda acciaieria (italiana) più grande d’Europa, compromettendo così altre filiere industriali.
Se questo è il modo di fare opposizione, continuerà ad essere davvero lunga la strada che ancora ha davanti a sé il centrodestra in Italia.