L’Editoriale di Francesco Paolo Capone, Segretario Generale Ugl

Due, tre segnali incoraggianti e soprattutto per l’Italia. Mentre il reddito disponibile delle famiglie consumatrici, secondo l’Istat, nel III trimestre 2023 è aumentato dell’1,8% rispetto al trimestre precedente, lo stesso Istituto ha rilevato un rallentamento su base tendenziale dell’inflazione, dovuto prevalentemente ai prezzi dei Beni energetici regolamentati (che accentuano la loro flessione da -34,9% a -41,7%). I prezzi al consumo crescono del 5,1% (+3,8% nell’anno precedente) e al netto dei soli energetici del 5,3% (+4,1% nel 2022).
Allo stesso tempo, secondo il Bollettino del Sistema informativo Excelsior, realizzato da Unioncamere e Anpal, sono più di 508 mila i lavoratori ricercati dalle imprese a gennaio e circa 1,4 milioni per il I trimestre dell’anno. Si tratta di oltre 4 mila assunzioni in più rispetto a gennaio 2023 (+0,9%) e +69 mila assunzioni (+5,3%) prendendo come riferimento l’intero trimestre. Un dato per molti atteso.
Nell’area euro, però, l’inflazione annuale torna al 2,9% dal 2,4% di novembre, che si accompagna alla riduzione della “core inflation” – sotto al 4% – e, secondo gli esperti, sarebbe il segnale che il fenomeno è dovuto semplicemente a una frenata nella riduzione dei prezzi dei beni energetici.
A dicembre i prezzi dei Beni alimentari, per la cura della casa e della persona rallentano lievemente su base tendenziale da +5,4% a +5,3%, come anche quelli dei prodotti ad alta frequenza d’acquisto (da +4,6% di novembre a +4,4%). D’altra parte, però, un sostegno alla dinamica dell’Inflazione deriva dall’attenuarsi del calo dei prezzi degli Energetici non regolamentati (da -22,5% a -21,1%) e dall’accelerazione di quelli dei Beni alimentari non lavorati (da +5,6% a +7,0%).
Insomma, sui segnali positivi, che vanno comunque registrati, non si può dormire come sugli allori. Non lo consente il contesto internazionale, scenario di fin troppi e diversi conflitti e neanche il tasso di inflazione, perché, seppur in discesa, si trova comunque ad un ragguardevole +5,7% nel 2023, che è un grande risultato se si pensa al +8,1% del 2022, ma si tratta comunque di una crescita media, dei prezzi al consumo pari al 5,7% . Certo, il recupero del potere d’acquisto del reddito disponibile delle famiglie si deve sia alla flessione dell’inflazione sia al taglio del cuneo fiscale da parte del governo, che, come UGL, non abbiamo mai smesso di chiedere, ma la situazione resta ancora critica. Non solo per noi, ma soprattutto per i vertici della Bce che dovranno a breve esprimersi sulla volontà o meno di imprimere una riduzione dei tassi di interesse. I segnali per farlo dovrebbero esserci, ma la cautela dalle parti di Francoforte è molto alta e la volontà di arrivare al più presto ad un tasso di inflazione al 2% potrebbe non portare il board a più miti consigli. Il tempo ce lo saprà dire.
Nel frattempo, per quel che riguarda il governo italiano la soddisfazione è anche legittima ma occorre continuare a vigilare e a rendere strutturali quei meccanismi che, come il taglio del cuneo fiscale, siano in grado di erogare maggiori risorse nelle busta paga di tutti coloro che vivono di reddito da lavoro.