di Francesco Paolo Capone, Segretario Generale Ugl

Poco più di una settimana fa la Svimez ha lanciato l’allarme spopolamento, stimando una perdita di oltre 8 milioni di residenti nel Mezzogiorno, pari a poco meno dei due terzi del calo nazionale (–13 milioni). Spopolamento proprio nella terra che, seppur caratterizzata da divari economici e infrastrutturali, ha per decenni dato un grande contributo alla Nazione in termini demografici. Dobbiamo arrenderci all’ineluttabile? Più che altro non dobbiamo e non possiamo.
Secondo l’ultimo rapporto realizzato dall’Area Studi di Mediobanca, dal Centro Studi Tagliacarne e Unioncamere, presentato a Catania presso la Camera di Commercio, intitolato “I fattori di competitività delle medie imprese del Mezzogiorno”, c’è un Sud che dimostra di poter correre più veloce del resto d’Italia ed è quello delle medie imprese industriali, a conduzione familiare.
Secondo il rapporto, l’87% di esse conta di chiudere quest’anno con un aumento di fatturato contro il 76% di quelle del Centro Nord; il 92% prevede aumenti delle esportazioni contro l’81% del Centro Nord; il 40% prevede un aumento significativo della propria quota di mercato contro il 22,9% delle altre aree d’Italia. Non solo, 6 medie imprese del Mezzogiorno su 10 investiranno in digitale e green, proseguendo il cammino intrapreso tra il 2020 e il 2022, con nuovi investimenti entro il 2025.
Stiamo parlando di una realtà produttiva composta da appena 361 imprese che, però, realizzano complessivamente il 12,6% del valore aggiunto manifatturiero totale dell’area. In Sicilia se ne contano circa 40 con fatturato aggregato pari a 1,8 miliardi di euro e una forza lavoro di oltre 4.500 unità. Potrebbe sembrare sorprendente, trattandosi di Mezzogiorno, ma i dati parlano chiaro: nell’ultimo decennio, tra il 2012 e il 2021, le aziende hanno registrato una crescita del fatturato del 44,4% contro il 40% delle altre, la produttività è cresciuta del 33,1% rispetto al +31% del resto d’Italia e la loro competitività è aumentata di 29,6% rispetto a un incremento di 15,3 delle altre.
Tutto ciò con rilevante ampliamento della forza lavoro: +29,3% contro +20,7%. In più, il 2022 si è chiuso con un incremento del fatturato nominale: +20,9% (+5,5% reale) che supera quello delle altre aree pari al +16,1% (+1,4% reale).
Si tratta di una realtà che va sostenuta, in primis attraverso la leva fiscale per eliminare un vero e proprio paradosso e cioè un livello di tassazione più elevato rispetto al resto d’Italia, in media il 32,7% contro il 29,9%. Parallelamente, occorre combattere la disoccupazione del Mezzogiorno, che rappresenta una delle cause della fuga dei giovani, investendo, come l’UGL sostiene da tempo, in programmi di formazione, in particolare su digitale e green, e rafforzando la partnership fra pubblico e privato per intercettare la domanda di nuove professioni.