Da attacchi nel Mar Rosso timori per il commercio mondiale. Contraccolpi si stanno producendo sul flusso di petrolio, grano e beni di consumo

L’ennesimo attacco delle forze yemenite Houthi filo-iraniane tra le coste di Gibuti e lo stretto di Bab al Mandab, tra il Mar Rosso e l’Oceano Indiano, desta molte preoccupazioni.
Anche l’Italia, con la partenza anticipata della Fregata Fasan, è nella coalizione delle dieci nazioni a guida Usa, mirata a garantire la sicurezza della navigazione nell’area. «I Paesi che cercano di sostenere il principio fondamentale della libertà di navigazione devono unirsi per affrontare la sfida posta da questo attore non statale», ha affermato il segretario alla Difesa americano, Lloyd Austin. Mentre la Commissione UE deve ancora decidere in merito, è vero che, dopo gli attacchi delle milizie yemenite, nel Mar Rosso è in corso un “fuggi fuggi” di navi cargo e petroliere. Al punto che il prezzo del greggio è in rialzo di oltre il 3%. Le prime cinque compagnie al mondo di cargo hanno deciso di circumnavigare il continente africano per evitare rischi – e il lievitare dei costi assicurativi – ritardando i tempi di consegna di una decina di giorni. Basti pensare che la tratta da Singapore a Rotterdam si allunga da 13.600 chilometri a quasi 19mila.
L’impatto economico degli attacchi Houthi nel Mar Rosso «è una minaccia per il commercio internazionale», insiste il Pentagono. D’altronde nell’area passa circa il 12% del commercio globale. Contraccolpi si stanno producendo sul flusso di petrolio, del grano e sui beni di consumo e quindi anche sul loro prezzo. E pensare che Fed e Bce, sebbene con prospettive future diverse, hanno appena scelto di non procedere a ulteriori strette sui tassi di interesse, grazie al progressivo calo dell’inflazione. In calo per quanto tempo ancora?