di Francesco Paolo Capone, Segretario Generale UGL

Se ci fosse un metodo sicuro per rendere l’Unione europea ancora meno amata dai cittadini, sarebbe quello ideato da Francia e Germania e sintetizzato oggi da La Repubblica sulla possibile riforma dei Trattati per superare la regola sul voto all’unanimità in favore di quello a maggioranza. Già il titolo dell’articolo rende l’idea, ovvero «Il piano Scholz-Macron per disarmare i sovranisti». Posto che la realpolitik, da utilizzare contro gli avversari, è un dato di fatto della politica, nazionale ed internazionale, in ogni luogo e tempo, ci dovrebbero essere, alla base di eventuali riforme, anche delle motivazioni più nobili rispetto a quella di cambiare le regole quando assecondano la controparte. Specie nel caso di un’Organizzazione internazionale che riunisce Stati sovrani, che, con norme giudicate troppo penalizzanti da alcuni Paesi membri, potrebbe rischiare di sciogliersi. Al di là di come la si pensi su Orbán e sulla questione dell’adesione dell’Ucraina alla Ue. Perché, poi, le eventuali nuove regole si applicherebbero anche ad altri casi ed altre Nazioni. Certamente quello del superamento dell’unanimità è un tema reale e sentito, data la necessità di maggiore efficienza, specie considerando ulteriori allargamenti dell’Ue, dagli attuali 27 membri a 30 o più. Ma, per funzionare e recuperare credibilità, le Istituzioni e le regole europee devono essere frutto di una visione veramente comunitaria e non espressione di un club di Stati membri di “serie A” capaci di imporre la propria volontà, e spesso i propri interessi particolari, ai Paesi considerati di livello inferiore. Sarà compito della nuova legislatura, quella che nascerà dalle elezioni di primavera, disegnare il possibile nuovo impianto dei Trattati su questo tema così delicato. Anche per questo il rinnovo dell’Europarlamento è particolarmente importante per il futuro dell’Unione. Se verrà superata l’attuale norma relativa all’unanimità, sarà importante che la maggioranza necessaria a prendere decisioni sia effettivamente qualificata, in grado di garantire un’adeguata dose di rappresentatività. Ad esempio a livello di popolazione, ponderando i voti in base alla popolosità degli Stati. Difficile, infatti, in caso di decisioni prese a maggioranza, poter equiparare il voto di Paesi piccolissimi, come Malta, Lussemburgo o Cipro, a quello di altri molto grandi, come appunto Francia e Germania, ma anche Italia, Spagna e Polonia. Senza, però, allo stesso tempo, rendere ininfluenti gli Stati di minore dimensione. Sarebbero poi da inserire altre variabili, come quella geografica, dati gli interessi spesso contrastanti fra il blocco nord-occidentale, quello mediterraneo e quello orientale. Far funzionare l’Ue e mantenerla coesa riscrivendone le norme, facendo in modo che tutti i Paesi membri le trovino eque, sarà un’impresa tutt’altro che semplice.