La Bce resiste, l’inflazione rallenta. Lagarde: «Dobbiamo abbassare la guardia? La risposta è no, non dobbiamo farlo»

Dopo la doccia semi-fredda di ieri, con la Bce che, pur lasciando invariati i tassi di interesse, ha fatto capire che nel 2024 non prevede ancora uno stop alle politiche restrittive, oggi arrivano interessanti notizie sul fronte dell’inflazione. L’Istat ha diffuso la stima secondo la quale a novembre 2023 l’indice nazionale dei prezzi al consumo per l’intera collettività (NIC), al lordo dei tabacchi, registra una diminuzione dello 0,5% su base mensile e un aumento di 0,7% su base annua, da +1,7% nel mese precedente (la stima preliminare era +0,8%). La decelerazione del tasso di inflazione si deve prevalentemente ai prezzi degli Energetici, sia non regolamentati sia regolamentati, e, in misura minore, al rallentamento degli Alimentari lavorati, dei Servizi ricreativi, culturali e per la cura della persona e dei Servizi relativi ai trasporti. Un calo che la Bce attribuisce proprio alle sue politiche restrittive, che però stanno mettendo in grande difficoltà famiglie e imprese. Secondo il Codacons, ad esempio, nonostante la Bce abbia lasciato i tassi di interesse invariati al 4,50%, gli italiani continuano a pagare il conto dei continui aumenti delle rate mensili scattati negli ultimi due anni, al punto che per un mutuo a tasso variabile di importo medio, la maggiore spesa si attesta a quasi +4.400 euro annui. Non solo, nel rapporto mensile Abi è scritto che prosegue il calo dei prestiti bancari a seguito «del rallentamento della crescita economica che contribuisce a deprimere la domanda». A novembre 2023, i prestiti a imprese e famiglie sono scesi del 3,4% rispetto a un anno prima, mentre ad ottobre 2023 avevano registrato un calo del 3,3.