Il Cremlino: «Non uscirà nulla che possa cambiare la situazione»

È il giorno di Volodymyr Zelensky negli Stati Uniti. Il presidente ucraino è arrivato ieri a Washington (domenica era stato in Argentina per l’insediamento del nuovo presidente, Javier Milei), dove intanto ha incontrato i vertici del Fondo monetario internazionale e alcuni leader di aziende produttrici di armi. L’obiettivo di Zelensky, infatti, è quello di sbloccare lo stallo – in verità politico – che si è materializzato nelle ultime settimane sugli aiuti destinati a Kiev, così da tentare di ravvivare la controffensiva ucraina, fin qui meno fruttuosa del previsto. In questo senso, dunque, si collocano gli incontri in programma al Congresso e alla Casa Bianca con il presidente Joe Biden. Lo stallo è però politico, si diceva. I repubblicani stanno chiedendo all’amministrazione Biden alcune garanzie, collegando il capitolo Ucraina a questioni interne di loro interesse, come il rafforzamento dei controlli al confine in tema di flussi migratori. Osservatore interessato agli sviluppi della situazione è ovviamente la Russia. «Le decine di miliardi di dollari versati all’Ucraina – è la posizione espressa al riguardo dal portavoce del Cremlino, Dmitri Peskov – non l’hanno aiutata ad avere successo sul campo di battaglia. E le decine di miliardi di dollari in più che l’Ucraina vuole vedere iniettati saranno condannati allo stesso fiasco». Per queste ragioni Mosca è persuasa che dal nuovo incontro tra Zelensky e Biden (i due si vedranno quando in Italia saranno passate da poco le 20) «non uscirà nulla che possa cambiare la situazione sul campo». Il messaggio che Zelensky porta con sé, al contrario, è che un’eventuale vittoria di Putin in Ucraina si possa tradurre presto in un pericolo per l’Europa.