Da Milano alla Cina, l’Italia al primo posto. Polemiche anacronistiche mettono in secondo piano un interesse che dovrebbe essere di tutti

Risolto, in extremis, il problema dell’assenza simultanea del Capo dello Stato, Sergio Mattarella, e del presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, alla tradizionale prima della Scala di Milano per il “Don Carlo” di Giuseppe Verdi, con la presenza sul palco reale insieme al presidente del Senato, Ignazio La Russa, e del Sindaco di Milano, Beppe Sala, della Senatrice a vita Liliana Segre, viene da chiedersi per quale “perverso” – leggasi, ideologico – motivo l’Italia debba dividersi in polemiche plateali, in mondovisione, quando le questioni in gioco sono altre e delicate. È in corso un difficilissimo negoziato sulla riforma del Patto di Stabilità UE, che vede adesso Italia e Francia dalla stessa parte a chiedere maggiore flessibilità. È troppo “italiano” sostenere, come fa il premier Meloni, che «non si può dire sì ad una riforma del Patto che poi non si può rispettare»? O non è a favore anche di qualsiasi altro governo che verrà? Gli stessi che urlavano allo scandalo per l’antieuropeismo del centrodestra, sono gli stessi che si scandalizzano perché l’Italia – o il governo Meloni – sta portando avanti una linea politica molto complessa che non la isoli a Bruxelles. Diventa un problema anche che l’Italia sia scesa dal “treno” grillino chiamato patto con la Cina sulla “Via della Seta”, perché come sempre osservato da Meloni, «lo strumento non ha dato i risultati che erano attesi». Insomma, è davvero tanto difficile remare tutti quanti nella stessa direzione. In ogni caso, è arrivato il via libera dalla Camera al ddl Made in Italy, che adesso sarà trasmesso al Senato. L’Italia deve andare avanti.