Durante il prossimo anno si svolgerà una serie imponente di consultazioni elettorali: 76 Paesi al voto
di Francesco Paolo Capone, Segretario Generale Ugl

Nel 2024, 76 Stati, corrispondenti al 51% della popolazione globale, dovranno confrontarsi con le elezioni. Da quelle europee di primavera, che interesseranno i cittadini dell’Unione per rinnovare l’Europarlamento e quindi tutte le istituzioni di Bruxelles, alle presidenziali statunitensi di novembre, passando per le previste consultazioni in Stati fondamentali e di grande importanza dal punto di vista geopolitico ed economico: Russia, India, Iran, Indonesia, Pakistan, Bangladesh, Messico. Una coincidenza notata qualche giorno fa, e raccontata sulle colonne del Corriere della Sera, da Walter Veltroni, personaggio di primo piano della sinistra nel nostro Paese, che ha descritto questo appuntamento con le urne a livello mondiale come un pericolo imminente, una «miccia che potrebbe bruciare il mondo». Mettendo in un unico calderone gli Usa con la nuova candidatura di Trump, l’Europa percorsa da un vento identitario e conservatore e Stati culturalmente e geograficamente lontanissimi come l’Iran, tutti accomunati, secondo l’ex segretario del Pd, da un calderone di «pulsioni nazionaliste, integraliste, populiste» che potrebbero sconvolgere il Pianeta. Nella solita lettura che mette da un lato i cattivi, ovviamente di destra, e dall’altro i buoni, quelli che credono che occorre abbattere ogni confine, da quelli nazionali a quelli religiosi, fino a quelli di genere per ottenere un unico mondo governato solo dal mercato e quindi, dicono loro, dal benessere. Sarà. Eppure questi anni, nei quali l’America è stata governata da un presidente democratico come Joe Biden, difficilmente saranno ricordati in futuro come un periodo di pace e prosperità. Resterà sempre il dubbio su cosa sarebbe accaduto, in Afghanistan, in Ucraina o in Israele, se alla Casa Bianca fosse rimasto Trump. Pensando a noi, all’Europa, ed in particolare alla Francia, citata dallo stesso Veltroni poiché sconvolta da frequenti atti di terrorismo islamico e da conseguenti reazioni della popolazione, l’auspicio è che il modello Macron, uno dei pochi leader di sinistra rimasti al governo nell’Ue, non rappresenti il futuro verso il quale far tendere tutta l’Unione, ma, piuttosto, l’ultimo presidio di una ricetta che palesemente non ha funzionato e che ha messo invece in pericolo la convivenza civile. Con la speranza che questa visione venga finalmente sostituita, almeno all’interno delle istituzioni comunitarie, da qualcosa di profondamente diverso. E molti segnali in questo senso già ci sono.

Idiosincrasia
Ovvero una sorta di reazione allergica nei confronti di qualcosa, di profonda incompatibilità, di quasi “ripugnanza”. Un termine, una definizione che sembra cucita su misura per descrivere l’approccio del mondo di sinistra nei confronti delle consultazioni elettorali. Il voto? Pericoloso. Il popolo? «Sonnambulo», mosso da pulsioni basse o, nella migliore delle ipotesi, manipolabile. Questa l’analisi politica, in assenza della benché minima capacità di autocritica, del mondo dem. Il tutto ovviamente perché le maggioranze, nel mondo Occidentale, non seguono più le fallimentari ricette “liberal”.